Era l’ultimo tabù: il villaggio olimpico, 21 edifici realizzati su 44 ettari di terreno sul lungomare di Tokyo, trasformato in una bolla isolata dal mondo e resa inaccessibile a chiunque non sia un atleta o un preparatore. I contagiati sono tre, due calciatori sudafricani e un membro del CIO, il Comitato Olimpico Internazionale, a cui aggiungere altri sei atleti britannici costretti all’autosiolamento. Cifre che portano a 55 il totale dei contagi olimpici accertati dal 1° luglio, primo giorno di conteggio delle autorità.
Per il Giappone, ormai bloccato dal quarto stato di emergenza, scattato dopo il quarto giorno consecutivo in cui si sono registrati oltre 1.000 contagi e previsto fino al 22 agosto, suona come sconfitta: nemmeno la leggendaria efficienza nipponica ha potuto opporsi al virus, e ora tutti temono che le Olimpiadi possano trasformarsi in un evento “super spread”, spargendo contagi in tutto il mondo, con effetti devastanti per l’immagine del Paese.
Ma ormai mancano quattro giorni all’apertura, e perfino l’assemblea generale del CIO prevista fra martedì e mercoledì non potrà fare molto di più che accettare l’idea di un rischio abnorme che aleggia su un’edizione olimpica destinata a passare alla storia ancora prima di aver stabilito dei record sportivi. Le raccomandazioni, nel rigido manuale di comportamento consegnato a chi sbarca in Giappone per i Giochi, tutti sono invitati a presentarsi al villaggio olimpico il più tardi possibile. Le pagine dei divieti sono 70 e iniziano dalle mascherine diventate perenni, da togliere solo per mangiare, dormire e gareggiare, mentre un’altra parte è destinata ai test continui a cui dovranno sottoporsi 11.550 atleti e quasi 80mila fra accompagnatori, delegati e giornalisti. Nei primi 14 giorni di permanenza vietato avere contatti con i cittadini giapponesi, frequentare bar e ristoranti, usare mezzi e pubblici e taxi che non siano quelli dell’organizzazione.
L’ultima rinuncia quella dei profilattici, che infrangendo una tradizione olimpica ormai consolidata, non saranno distribuiti nel villaggio.
Vaccinati o meno, tutti all’arrivo saranno obbligati ad esibire i risultati di un doppio tampone molecolare (negativo) da effettuare in patria fra 96 e 72 ore prima della partenza. L’ultimo test all’aeroporto di Tokyo, questa volta salivare, darà il via libera o meno.
Malgrado la situazione suggerisca che, malgrado la misura estrema dei giochi senza pubblico, sarebbe molto meglio rimandare tutti e casa e dichiarare forfait, è chiaro che non si tratta di una strada praticabile. I giochi, finora, sono costati 15,4 miliardi di dollari, a fronte di una previsione del 2013 che si fermava a 7,5, costringendo lo Stato a gettare nel calderone 11 miliardi, da aggiungere agli 1,3 miliardi pagati dal CIO e i 3,3 degli sponsor privati, che in caso di eventuale cancellazione avrebbero diritto alla restituzione della somma per intero.
Ma cancellare l’evento avrebbe gravi conseguenze anche il Comitato Olimpico, che per i diritti televisivi incassa 3,5 miliardi, di cui 1,2 relativi all’esclusiva per l’America della “NBC” e altri 650 versati da “Discovery” per assicurarsi l’esclusiva europea.
Intanto, nel Paese il covid avanza: agli 820mila casi e 15mila morti registrati finora, va aggiunto il rischio rappresentato da meno del 20% della popolazione finora immunizzato, figlia di una storica ritrosia giapponese verso i vaccini e di un colpevole ritardo nell’inizio della campagna.