Dallo scorso 21 marzo, in diciotto città italiane (Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Cagliari, Napoli, Reggio Calabria, Palermo, Messina, Catania, Caserta, Brindisi, Reggio Emilia e Padova) gli operatori della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza impegnati nei “servizi di prevenzione generale e pronto intervento” possono utilizzare il Taser (l’arma a impulsi elettrici capace di immobilizzare il soggetto colpito) come arma d’ordinanza.
Tale “licenza” giunge dopo un lungo iter di sperimentazione, iniziato nel 2014 con il Decreto Stadi (decreto legge n. 119/2014 - Art. 8 comma 1-bis). Nel 2018, l’allora ministro dell’Interno Salvini, aveva poi adottato una circolare che prevedeva l’avvio di una sperimentazione di tre mesi del taser per la gestione dell’ordine pubblico da parte di carabinieri, polizia, guardia di finanza, successivamente estesa, col Decreto Sicurezza (decreto legge n. 113/2018 - art.19) alle forze di polizia locale nelle città con più di 100.000 abitanti, previa adozione di un apposito regolamento comunale.
Fino a marzo del 2019 i periodi di sperimentazione del taser sono stati di volta in volta prorogati mediante decreti del ministero dell’Interno, finché, a gennaio 2020 è stato adottato dal Consiglio dei Ministri, su proposta del ministro Luciana Lamorgese, un regolamento che, modificando il DPR n. 359/1991 (il regolamento che stabilisce i criteri per la determinazione dell'armamento in dotazione all'Amministrazione della pubblica sicurezza e al personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia), ha introdotto il taser nell’armamento ordinario di reparto.
Così, nel luglio del 2020, l’azienda Axon Public Safety Germany si è aggiudicata una gara da 10 milioni di euro per fornire 4.482 taser (un taser costa circa 1600 euro), ritirati qualche mese dopo dal Ministero dell’Interno per rilevata non corrispondenza alle specifiche tecniche previste dal bando di gara, con conseguente esclusione dell’azienda aggiudicataria. È seguita una vicenda giudiziaria che si è conclusa nell'ottobre 2021 con la definitiva aggiudicazione dell’appalto alla Axon.
Fatta questa premessa, altro v’è da considerare.
La legittimazione dell’uso del taser come strumento di pubblica sicurezza è stata perlopiù salutata in maniera entusiastica: il Ministro Lamorgese l’ha definita "un passo importante per ridurre i rischi per l'incolumità del personale" seguita dal sottosegretario all'Interno, Nicola Molteni, che ha parlato di “un importante strumento di difesa e di tutela della sicurezza e della incolumità dei nostri uomini e donne in divisa, sempre più esposti a rischi e pericoli”, precisando che “il taser è uno strumento di difesa e non di offesa, di sicurezza e non di violenza. È un deterrente straordinario che, come la sperimentazione ha dimostrato, produce la sua efficacia semplicemente con l'intimazione dell'arma all'aggressore".
Senonché, proprio in Italia già in fase di sperimentazione, l’uso del taser aveva fatto sorgere molti dubbi sia sui danni alla salute che possono derivarne che sulla responsabilità individuale degli agenti che lo impiegano, dal momento che non hanno i numeri identificativi in mostra sulla divisa.
A tal ultimo proposito c’è stato, a livello internazionale, uno studio condotto dall’università di Cambridge, riportato da The Guardian, che ha evidenziato che l’uso del taser ha quasi raddoppiato il rischio per gli agenti di essere aggrediti ma anche la possibilità che essi ricorrano alla violenza. Anzi – come ha peraltro rilevato Amnesty International - c’è anche una pericolosità insita nella superficialità di utilizzo dell’arma dal momento che, non essendo definita letale, potrebbe farsene un maggior cattivo uso, a dispetto di ben precise regole di utilizzo (la persona contro cui si impiega il taser deve esserne prima avvertita; contestualmente deve partire la segnalazione alla sala operativa con la richiesta di rinforzi e, solo allora può azionarsi l’arma, che produce una scarica ad alta tensione - circa 50mila volt - ma a basso amperaggio - entro i 10 milliampère - in brevi impulsi).
In base a un’analisi effettuata dall’agenzia Reuters, l’uso del taser avrebbe causato la morte di oltre mille persone negli Stati Uniti, tra il 2000 e oggi. Il rischio maggiore è che lo strumento possa interferire con alcuni dispositivi medici (come il pacemaker) o causare problemi a chi soffre di patologie cardiache o si trovi in condizioni fisiche alterate (es.: tossicodipendenza). Anche il nostro Consiglio Superiore di Sanità, nel 2020, ha evidenziato che l’utilizzo del taser può comportare arresti cardiaci nei soggetti destinatari, sottolineando come ciò dipenda “dalla potenza dell’arma, dalla durata della scarica elettrica e dalla sua eventuale reiterazione, nonché dalla sede del bersaglio”.
Da ciò la richiesta che, insieme al taser, le forze dell'ordine siano dotate anche di body cam per registrare quanto fa ogni agente e di un defibrillatore in ogni auto della polizia.
Sta poi di fatto che l’ONU ha incluso il taser nella lista degli strumenti di tortura già nel 2007, sebbene ne abbia poi solo sconsigliato l’utilizzo senza formalmente vietarlo.
Resta pertanto da valutare quanto questo strumento possa davvero considerarsi necessario a fronte del rischio d’una sua potenziale letalità e di uno, ancora più elevato, di abuso nell’utilizzo, col paradosso che un eccesso di sicurezza si trasformi esso stesso in una situazione di insicurezza.