Il futuro del lavoro in Italia, si spopola sempre più di giovani imprenditori. A sottolineare la tendenza è stato proprio il segretario generale di Unioncamere, Giuseppe Tripoli: tra il 2020 e il 2050 le previsioni Istat mostrano un calo della popolazione di 5,5 persone nel nostro Paese. Si aggiunge al quadro, poi, un movimento di italiani verso l’estero che conta 170 persone, 90 mila delle quali giovani. Il risultato? Sempre meno giovani si affacciano sul mercato del lavoro.
Dall’analisi sul registro delle camere di commercio realizzata da Unioncamere e InfoCamere è emerso che negli ultimi 10 anni l’Italia ha perso ben un quinto delle imprese guidate dai giovani. Gli under 49 in meno, in posizioni ai vertici, sono 1,3 milioni, mentre d’altro canto continua a crescere, aumentando del 27% il numero degli ultrasettantenni alla guida delle aziende.
Se a fine 2021, infatti, si registravano 137 mila imprese di under 35, la cifra era già del 20% inferiore rispetto a quella del 2012, per l’8,9% del tessuto produttivo nazionale. Nel 2012 erano invece l’11,1%. Una riduzione che si fa più consistente in alcuni territori – come Marche, Abruzzo o Toscana, dove arriva fino al 30% – ma che indica perdite a due cifre su tutto il territorio. Unica eccezione il Trentino-Alto Adige, dove le giovani imprese hanno registrato una crescita pari al 6,5%.
Un invecchiamento della popolazione graduale ma costante che si registra da anni, e che pone un serio problema di passaggio generazionale dell’imprenditoria italiana, rischiando di rallentare i processi di modernizzazione e di perdere i vantaggi della transizione 4.0.
Un processo cruciale, soprattutto in un Paese come l’Italia dove le imprese familiari sono il vero zoccolo duro del mercato, campo di rallentamenti e criticità. Solo il 3% degli studenti universitari, infatti, ha intenzione di ereditare la conduzione dell’azienda di famiglia nell’immediato: un mancato passaggio generazionale che rischia di negare continuità e prosperità alle imprese.
A salvare il panorama ci sono però le start up: su un totale di quasi 14 mila, il 15,7% è stato creato da giovani, con un’incidenza di quasi 7 punti percentuali maggiore rispetto a quella che la componente giovanile ha sul totale delle imprese.
A dare la direzione di un reale cambio di obiettivi e interessi, per esempio, il calo delle manifatturiere giovanili del 33%, contro un sempre crescente impegno degli under 35 nei settori della conoscenza, con servizi alle imprese, studi di design, mondo delle pubblicità, attività di ricerca e sviluppo o istruzione.
Un nuovo campanello d’allarme per l’economia italiana, che basa gran parte della sua forza sul numero delle imprese, specialmente quelle di piccole dimensioni. Diminuendo sempre più la base imprenditoriale giovanile non tarderanno ad arrivare le conseguenze anche sui valori economici complessivi del Paese, richiedendo un intervento con politiche efficaci e puntuali a invertire la rotta, già dagli anni della formazione scolastica.
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