Sia ringraziato il cielo che grava su quest’estate, fatta di varianti assassine e rincari malandrini. Una manciata di ore fa l’OPEC, l’organizzazione che riunisce i Paesi esportatori e petrolio, e l’OPEC+, l’alleanza formale che mette insieme quelli che non ne fanno parte, hanno finalmente raggiunto un accordo che potrebbe portare ad un calo del prezzo dei carburanti.
Ore di consulti, sotto lo sguardo accigliato del principe Abdul Aziz Bin Salman, ministro per l’energia saudita, per confermare l’aumento della produzione globale di greggio fino a 400mila barili al giorno per il periodo compreso fra il primo agosto e il 30 settembre. L’obiettivo dichiarato, per loro che sono abituati a spremere un mondo ancora assetato di petrolio, è di “contribuire alla ripresa economica mondiale dopo la fase più acuta della pandemia”.
Un accordo che arriva dopo l’ostinatezza degli Emirati Arabi, che giudicando la propria quota troppo bassa hanno chiesto e ottenuto di passare da 3,2 a 3,5 milioni di barili al giorno. Stessa misura per Arabia Saudita, Russia, Iraq e Kuwait: la produzione delle prime due sale da 11 milioni di barili a 11,5, mentre a Iraq e Kuwait sono concessi 150mila barili in più al giorno, fino a raggiungere i 4,8 per i primi, e 3 per i secondi.
Un taglio della produzione pari a 10miloni di barili era stato deciso durante i mesi del lockdown, con il crollo dei consumi, e gradualmente allentato nei mesi successivi. Per tornare ai livelli pre-crisi mancano all’appello altri 5,8 milioni di barili quotidiani, che dovrebbero arrivare entro la fine del prossimo anno.
La prossima riunione ministeriale dei produttori è stata fissata per il primo settembre, mentre a dicembre sarà valutato lo sviluppo del mercato e le prestazioni di ogni singolo partecipante.
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