4 agosto 2022

L’utopia del boom dell’occupazione in Italia

Autore: Luciana Giampà
Il problema dell’occupazione in Italia è strettamente correlato al fattore demografico. Le aziende, infatti, riscontrano non poche difficoltà a reclutare dipendenti.

Nel 2011 si contano 39,5 milioni di persone in età lavorativa di cui circa 22 milioni di occupati, 2 milioni di disoccupati e 15 milioni di inattivi ovvero coloro che non cercano un’occupazione. Ad oggi, invece, il numero di persone in età lavorativa scende a 38 milioni, di questi, gli occupati sono circa 23 milioni, il numero degli inattivi cala a 13 milioni mentre il numero dei disoccupati rimane invariato.

I dati statistici inducono a pensare che la situazione sia nettamente migliorata ma la realtà è ben diversa. Se si considera che il dato degli occupati è aumentato anche in valore assoluto è imprescindibile porre l’attenzione su un fattore alquanto rilevante. Nell’ultimo anno – infatti – l’Istat ha utilizzato le regole europee di calcolo e di riallocazione in uscita dalla cassaintegrazione, e tali regole, sono considerate più “larghe”.

Per quanto concerne le nuove assunzioni a tempo indeterminato – nel mese di giugno – se ne registrano 116.000. Al contempo, i lavoratori a termine sono diminuiti di circa 3.000 unità. Continua – invece – il calo dei lavoratori autonomi; basti pensare che solo nel mese di giugno il saldo è stato negativo per 27.000 partite Iva. Un problema non di poco conto. Durante il periodo pandemico gli autonomi hanno rappresentato un po' di dinamismo, mentre ad oggi sono sempre più numerosi coloro che prediligono contratti indeterminati che – teoricamente – sono molto più vantaggiosi ma presentano buste paghe molto più basse.

Attenzione però, gran parte dei 16.000 lavoratori è assunto part time, viene meno – dunque – l’aspetto qualitativo del lavoro. Infatti, gli stipendi più bassi e frammentati altro non sono che la conseguenza del calo della produttività. Tra l’altro, con un contratto part- time diventa difficile – quasi utopico – per i giovani raggiungere l’indipendenza, in particolar modo nelle grandi città.

Al netto di questa analisi, è evidente che il boom del lavoro in Italia altro non è che un’illusione. È palese che la frammentazione del mondo del lavoro e la scarsa retribuzione siano dei deficit dell’economia del Bel Paese.

In tale scenario, sorge spontanea una domanda: come pensa di intervenire l’Unione europea? Le soluzioni proposte da Bruxelles sono chiare: impiegare nel mondo del lavoro risorse provenienti da Paesi extracomunitari, tra cui un numero significativo di profughi. In tal modo, si darebbe il via alla concorrenza, e di riflesso, all’aumento della produttività. Ma siamo sicuri che sia la strategia adatta? In pratica, in un simile scenario, l’Ue – da una parte - sostituirebbe la carenza demografica con manovalanza a basso prezzo mentre dall’altra garantirebbe dei sussidi a coloro che non riescono più a stare al passo con il mondo del lavoro.

È chiaro che una soluzione del genere rappresenta l’opposto della crescita economica.
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