9 luglio 2021

La bolla delle “Spacs”, l’ultimo trend di Wall Street

È esplosa dallo scorso anno la tendenza delle società “vuote” che si quotano in borsa per raccogliere fondi da investire e individuare aziende con cui fondersi, offrendo la quotazione già in essere

Autore: Antonio Gigliotti
Cosa hanno in comune la casa discografica di Taylor Swift e l’app asiatica “Grab”? All’apparenza nulla: la prima si occupa di musica, la seconda è un’azienda di Singapore che offre servizi di logistica online. In realtà, fanno entrambe parte della più recente tendenza di Wall Street: le “Spacs”.

Acronimo di “Special Purpose Acquisition Company”, definite dalla Banca d’Italia “Veicoli di investimento contenenti esclusivamente liquidità, a limitato profilo di rischio, con vincolo temporale ben definito e potenzialità di guadagno rilevanti”, sono società che nascono senza l’obiettivo di raggiungere un’operatività sul mercato, ma con il solo scopo di raccogliere capitali immettendo azioni tramite “IPO” (Initial Public Offering), per arrivare ad una fusione o integrazione con società operative sui mercati, che grazie alla fusione si trovano automaticamente quotate in borsa.

Per dirla in modo ancora più semplice, società lanciate sul mercato azionario con un unico fine: comprare un’altra società ottenendo lo stesso risultato di una quotazione in borsa o un’offerta pubblica iniziale. All’esatto opposto di una società tradizionale, che cerca di raccogliere capitali dagli investitori attraverso una IPO, con le Spacs viene prima costituita una società vuota da quotare in borsa. A seconda di dove la Spac è quotata, chi ha il controllo dispone di solito di due o tre anni per individuare una società da comprare. Se fallisce, la Spac sarà liquidata e i fondi restituiti agli investitori.

Le Spac sono nate negli anni ‘90, più precisamente nel 1992, da ciò che restava della “Blank Check Company”, accusata di ingannare il mercato quotando società prive di valore. Un sistema allora fraudolento bloccato dalla “SEC” (Security and Exchange Commission) attraverso le regole della “Rule 419”, universalmente considerata l’atto di nascita delle Spacs.

Il fenomeno è esploso con forza nel 2020 e all'inizio del 2021, in parte grazie a due fattori: la presenza di capitali che cercano di fare soldi, dal momento che le obbligazioni offrono tassi di interesse poco attraenti, e un numero minore di aziende che decidono di quotarsi rispetto ai decenni precedenti.

Diversi accordi di alto profilo che coinvolgono le Spac hanno incluso di recente il colosso “Virgin Galactic”, il gruppo di scommesse sportive “DraftKings”, e una società di produzione digitale, la “Velo3D”, la cui Spac ha Serena Williams nel consiglio di amministrazione. Ancora più di recente “Grab”, l’app con che offre dal ride hailing all’online banking, ha raggiunto un accordo Spac che la vedrà valutata 40 miliardi di dollari. Ma la più grande Spac di cui si abbia notizia è quella creata da Bill Ackman, la star degli hedge fund statunitensi, a capo di una società con un valore di 4 miliardi di dollari che sta utilizzando per acquisire il 10% della “Universal Music”, il cui catalogo include artisti del calibro di Taylor Swift, Kanye West e Sting.

Il fenomeno, dicono gli esperti, vive però una fase di stallo: solo 30 quotazioni Spac si sono registrate fra aprile e maggio, pochissime rispetto alle 299 dei primi tre mesi dell’anno, mentre il totale dei ricavi delle banche d’investimento di Wall Street derivanti da questi veicoli è sceso nello stesso periodo da oltre il 20% a meno del 5%. Lo stesso vale per due fra i maggiori exchange-traded fund statunitensi focalizzati sulle Spac – “SPAK” e “SPCX” - scesi rispettivamente del 26% e del 12% dai massimi di febbraio. Il motivo è probabilmente legato alla presenza sempre più incombente della SEC, che sta iniziando a controllare il settore per proteggere gli investitori. Non è un caso che Gary Gensler, il presidente della SEC, abbia recentemente associato spacs e bitcoin parlando della necessità di applicare protezione e controllo per gli investitori. Come per le Spacs, le strategie per limitare l’uso di bitcoin e altre criptovalute hanno probabilmente contribuito al calo dei prezzi negli ultimi tempi.

Ma questo non è tutto ciò che Spacs e bitcoin hanno in comune: le criptovalute sono denaro elettronico che può circolare anonimamente tra infiniti utenti senza bisogno di banche o un’autorità centrale di emissione. E i benefici dipendono dal fatto che un alto numero di utilizzatori lo accetti come riserva di valore. Per dirla in modo diverso, il bitcoin è come una religione, si basa sulla fede. E lo stesso vale per le Spacs, nel senso che gli investitori affidano il proprio denaro al buio, sperando che il management individui l’obiettivo di acquisizione più adatto.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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