26 giugno 2021

La lunga vicenda delle tasse che la Chiesa dovrebbe allo Stato

A riportare a galla la questione è stato Fedez, in un post polemico contro la richiesta del Vaticano di rivedere la legge Zan. La risposta piccata di monsignor Galatino: “La Chiesa paga, eccome”

Autore: Antonio Gigliotti
Risale tutto ai tempi del governo Berlusconi II, in carica per quasi quattro anni, dall’11 giugno 2001 al 23 aprile del 2005, durante i quali fu decisa l’esenzione dell’Ici (poi diventata Imu) per tutti gli edifici di proprietà di enti religiosi, anche di quelli con finalità commerciali.

Il governo Prodi, arrivato subito dopo, tentò di stralciare almeno quelli ad uso commerciale dando il via ad una serie infinita di polemiche e sentenze di tribunali anche europei concluse da una presa di posizione del governo “laico” di Mario Monti, che decide per il pagamento della tassa lasciando fuori dall’obbligo i centri di concreta solidarietà come oratori, spazi parrocchiali, mense e ricoveri per immigrati.

Da allora, secondo alcune stime mai chiarite, la Chiesa dovrebbe allo Stato italiano cinque miliardi di euro di tasse arretrate relative al periodo 2006-2011. E a pretendere che l’ammanco sia regolarizzato sarebbe l’Europa, pronta ad aprire una procedura d’infrazione contro l’Italia.
L’ultimo atto formale sulla vicenda risale al novembre 2018, quando la Corte di Giustizia europea aveva ribaltato una sentenza della Commissione, seguita da un’altra del Tribunale della UE, bollando l’esenzione come un “aiuto illegale di Stato”. Al momento non c’era alcun obbligo del governo italiano di riscattare il debito, anche per via della difficoltà a determinare l’effettiva destinazione d’uso di centinaia di immobili di proprietà della Chiesa. Nel 2019, l’autorità europea per la concorrenza propone una via d’uscita con tre diverse soluzioni possibili: utilizzare le dichiarazioni per chiarire l’utilizzo, imporre l’autocertificazione e approntare un sistema di controllo ispettivo.

A riaccendere i riflettori sulla vicenda ci ha pensato in questi giorni Fedez, il rapper milanese Federico Leonardo Lucia, con una risposta piccata alla richiesta del Vaticano di rivedere il disegno di legge Zan sul contrasto all’omostransfobia approvato dalla Camera e bloccato dal Senato. Fedez, certo di pungere sul vivo, ha ricordato il debito di cinque miliardi di euro di tasse immobiliari mai pagate: “Non avevamo concordato, amici del Vaticano, che ci davate delle tasse arretrate sugli immobili e che l’Unione Europea ha stimato in cinque miliardini o forse di più?

In realtà non si sa, perché avete perso il conto degli immobili, ne avete troppi”. Un’uscita che non è piaciuta a monsignor Nunzio Galatino, presidente dell’Apsa (Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica): “L’unica risposta che si può dare a una persona disinformata sono le carte, i fatti. Non so se lo faccia per ignoranza o per malafede. Non ci sono alternative. A fronte di affermazioni che lui non può documentare, io posso invece provare che il Dicastero che presiedo paga. Nel 2020, l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica ha pagato 5,95 milioni di euro per l’Imu e 2,88 milioni di euro per l’Ires. A queste vanno aggiunte le imposte pagate da Governatorato, Propaganda Fide, Vicariato di Roma, Conferenza Episcopale italiana e singoli enti religiosi. Nel 2019 abbiamo pagato oltre 9 milioni e 300 mila euro. Ed è tutto documentato. Poi se si vuole andare in processione con Fedez, si vada pure. Il problema è che qualcuno, pur sapendo queste cose, continua a dire che la Chiesa non paga”.

Una storia confusa e pasticciata, che non ha neanche la certezza dell’ammontare del famigerato debito, se mai ci fosse: “I 4-5 miliardi di euro erano una previsione elaborata nel 2012 dall’allora presidente dell’Anci, Graziano Delrio, in cui si ipotizzavano volumi massimi di recupero. Si tratta sicuramente di aggiornare e approfondire una stima datata e su cui bisogna essere molto cauti”, ricordava nel lontano 2018 Guido Castelli, ex presidente dell’Istituto per la finanza e l’economia locale dell’Anci. E la storia continua.
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