Nel marzo di quest’anno, la Guardia di Finanza ha recuperato 11 milioni di euro al termine di un’indagine condotta su quattro influencer bolognesi iniziata nel 2022.
È solo uno degli indizi del grande lavoro che in silenzio sta seguendo la GDF che, senza dimenticare il commercio al minuto e gli incassi Pos, è impegnata in una serie di controlli a tappeto sull’economia digitale, iniziando proprio da influencer e content creator, figure professionali spesso rappresentate da giovanissimi specializzati nella creazione di contenuti e in grado di influenzare le decisioni di un target altrettanto giovane.
Personaggi assai conosciuti e seguiti dalle generazioni più recenti che spesso celano fenomeni di occultamento dei proventi derivanti dalla loro attività, con macroscopiche sproporzioni tra redditi dichiarati e numero di iscritti e visualizzazioni sui loro canali web, così come tra il fatturato denunciato al fisco e i compensi realmente pagati dalle piattaforme digitali. Utilizzando algoritmi molto sofisticati, social e piattaforme sono costantemente monitorati per analizzare post, stories, video, commenti e individuare collaborazioni commerciali e sponsorizzazioni occulte non dichiarate al Fisco. “Quando fermiamo un’auto di lusso – ha dichiarato qualche settimana fa un ufficiale delle Fiamme Gialle al quotidiano “Repubblica” - in automatico partiamo con l’accertamento per verificare se è compatibile con il reddito dichiarato dal proprietario”.
Nel corso dell’anno che si avvia alla conclusione, la GDF ha alzato l’intensità delle azioni di contrasto all’evasione fiscale, rafforzando le analisi del rischio e i controlli nei confronti di contribuenti con indici elevati di rischio fiscale. Fra giugno e ottobre, in particolare, il numero di verifiche e controlli eseguiti è aumentato del 33% rispetto ai primi cinque mesi del 2024.
Numerose indagini hanno riguardato posizioni con bassi valori di punteggio ISA, da cui sono emerse discordanze tra la realtà contabile e i dati dichiarati.
È un po’ la sintesi che il Mef ha pubblicato sul proprio sito, cogliendo l’occasione per ricordare che il 12 dicembre prossimo si chiude l’ultima possibilità di avvalersi del Concordato Preventivo Biennale, misura che ha sollevato polemiche su tempi e modalità. “Il concordato consente per due anni di pagare le tasse sulla base di una proposta formulata dall’Agenzia delle Entrate, coerente con i dati contenuti nelle banche dati a disposizione dell’Amministrazione finanziaria e i redditi dichiarati dal contribuente”. Il ministero affidato a Giancarlo Giorgetti ricorda anche nel 2024 ben 2,7 milioni i contribuenti hanno presentato il modello ISA, cifra che significa un incremento di circa il 20% negli ultimi 4 anni.
“A seguito delle attività di controllo svolte dall’Agenzia delle Entrate sono state riscontrate gravi irregolarità che quest’anno hanno finora consentito di accertare una maggiore imposta pari a 1,2 miliardi di euro - calcola il Mef - un risultato ottenuto attraverso la selezione di soggetti ritenuti a maggior rischio e che presentano anomalie significative”. Fra i settori dove emergono le maggiori irregolarità fiscali le attività di riparazioni di autoveicoli, con numerose anomalie e scostamenti fra l’importo dei rimborsi assicurativi e quello delle operazioni finite nelle dichiarazioni dei redditi e dell’IVA. Nello specifico, malgrado nel modello ISA i dati dichiarati avessero portato al massimo punteggio di affidabilità, pari a 10, l’omissione nella dichiarazione dei redditi dei rimborsi assicurativi percepiti e l’inserimento di dati non corretti nei modelli ISA sono serviti per ricostruire il reddito effettivo, facendo scattare recuperi di imposta mai versati all’Erario. Una situazione altrettanto infedele quella che riguarda diversi rappresentanti di commercio che hanno contabilizzato e dichiarato solo alcuni dati reddituali regolarmente indicati anche nel modello ISA, ma evitando di inserire gli ulteriori compensi risultanti dalle certificazioni uniche rilasciate dai sostituti d’imposta.
Le maglie sempre strette del Fisco hanno colpito anche un’ampia platea di contribuenti che hanno dichiarato alti importi nei “costi residuali”, voci non meglio definite che permettono di abbattere il reddito e ovviamente di abbassare le imposte da pagare.
“L’Agenzia ha provveduto, sulla base dei controlli effettuati, alla riqualificazione di questi costi, in quanto non inerenti e quindi non deducibili, facendo emergere maggiori redditi e sottoponendo gli stessi a tassazione”, si legge ancora nella nota del Mef.
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