Al cinema di Condove, in Val di Susa, davanti a una folta platea di studenti e ragazzini delle società sportive di calcio, basket, pallavolo della zona, Nicolò Fagioli - il centrocampista della Juventus che qualche mese fa è stato travolto dalle inchieste sulle scommesse sportive su piattaforme illegali – ha raccontato la sua esperienza con la ludopatia.
È stato il secondo di dieci incontri pubblici cui – come prevede l’accordo Figc - dovrà sottoporsi per scontare la misure alternative che hanno sostituito una parte della squalifica complessiva che gli è stata inflitta a seguito della vicenda; e Condove è il Comune capofila – tra altri quattordici della Valle - del progetto “Per una comunità consapevole, seriamente giocosa”, volto alla prevenzione del gioco d’azzardo, portato avanti dalla Asl TO3 e dalla cooperativa Terra Mia e finanziato dalla Regione Piemonte. Un progetto, questo, già di per sé significativo dell’interesse che è necessario rivolgere ad un fenomeno – quello della ludopatia, appunto - che, in questi ultimi anni, complice, probabilmente anche la tendenza all’isolamento indotta dalla pandemia, sta assumendo dimensioni sempre più preoccupanti.
Nicolò è andato dritto al punto, raccontando la sua esperienza con il gioco d’azzardo, l’ombra che per un anno ha oscurato la sua vita.
Ha spiegato come tutto fosse nato quasi per caso, da qualche semplice schedina giocata tra amici una volta a settimana, quando aveva 16 anni. Poi, però, le cose erano andate in un’altra direzione: “Avevo tempo – ha raccontato -, e la noia mi ha portato a giocare, era un riempitivo.” La dipendenza ha cominciato quindi a crescere, di pari passo al fascino del guadagno facile e all’illusione di poter controllare la sorte. Invece, “man mano perdi i soldi, vuoi nascondere le cose ai genitori e così è diventato un problema. All’inizio non pensavo di andare incontro a delle conseguenze. Quando è diventata una malattia, ho capito che potevo rischiare molto nella mia carriera; ma la paura veniva superata dall’adrenalina della giocata.”
La noia, dunque, responsabile di tanti azzardi - non solo nel gioco – che trascinano giovani e giovanissimi a riempire il nulla del loro tempo con pratiche malsane e pericolose, come hanno spesso denunciato le cronache, raccontando di sfide, scommesse, prove di coraggio estreme, risultate persino letali.
Nicolò ha avuto il coraggio di riconoscerla ed ammetterla la causa della sua discesa verso l’oscurità, ma è andato anche oltre, dando a tutti quei ragazzi accorsi ad ascoltarlo – poco meno che suoi coetanei - un’altra grande ed importantissima lezione: “Adesso sto bene, sono felice di essere qua: dico ai giovani di non cominciare neanche a scommettere e di coltivare i loro sogni. Un anno fa è stato il periodo più difficile perché avevo problemi causati dal gioco. In quei casi diventa complesso gestire tutto da solo e a quel punto ho capito che dovevo chiedere aiuto.”
Chiedere aiuto.
Una formula che pare desueta e sminuente di questi tempi, in cui apparire debole e dipendente da altri contraddice la pretesa di perfezione e onnipotenza indotta dai modelli veicolati dal web e dai social.
Invece Nicolò ha avuto anche questo coraggio: riconoscere che, per quanto ci si creda forti e bastevoli a sé stessi, da soli non ci si salva quando il pericolo arriva troppo vicino, quando si perde la padronanza di sé e ci si lascia trascinare a fondo da situazioni divenute incontrollabili.
"I miei compagni mi hanno aiutato molto nel periodo più duro della mia vita. Ringrazio in particolare Vlahovic, Gatti e Chiesa”, ha proseguito Nicolò.
Ed è questo ciò che va fatto: il disagio non va negato né nascosto e nemmeno ne va addossata ad altri la colpa, illudendosi così di allontanare la vergogna. È segno di maturità e non di debolezza prendere coscienza della propria difficoltà e del proprio limite nel saperla affrontare e, conseguentemente, avere l’umiltà di ammetterla e di affidarsi a qualcuno che possa “prestare” le energie che necessitano. Non è una resa, è, anzi, un atto di fiducia e di forza.
Dovremmo apprenderla un po’ tutti la lezione di Nicolò, specie quando la superbia e l’orgoglio che sottendono al rifiuto di rivolgersi ad altri, chiedendo aiuto, rischiano di farci perdere rimedi ed opportunità.