30 agosto 2022

La sfida demografica

Autore: Rachele Pozzato
399 mila nel 2021, che si fermeranno a 385 mila quest’anno, salvo un arresto della tendenza: i nuovi nati in Italia sono sempre meno, una “fragilità demografica strutturale”, come definita nell’ultimo rapporto annuale Istat, che nel lungo periodo rischia di avere conseguenze su Pil, occupazione e conti pubblici.

La contrazione del Pil - Una vera e propria emergenza, certamente acuitasi con la pandemia, ma che sedimentava già da tempo – dopo anni di un difficile mercato del lavoro, assenza di garanzie o politiche a sostegno della famiglia e della maternità, individualismo, assenza di fiducia nel futuro oltre che di una cultura della paternità – che, in primo luogo, avrà effetti sulla crescita del Paese. La popolazione in età da lavoro, compresa cioè tra i 15 e i 64 anni, è infatti pari al 63,4% per quest’anno, sul totale dei residenti. Una percentuale che scenderà al 53,4% nel 2050: un Pil in flessione, portato da meno occupati che produrranno meno entrate, che avrà effetti sul debito, ora al 147% del Pil.

Sistema previdenziale sotto pressione - Fondamentale, nel medio periodo, per sostenere il debito pubblico è la tenuta del sistema previdenziale insieme al welfare. In un Paese in cui il numero dei nuovi nati, dunque dei futuri occupati, continua a ridursi, contro al numero degli anziani che continua invece ad aumentare, saranno sempre meno gli attivi a sostenere le spese delle pensioni, rischiando di far entrare in grave sofferenza i conti della previdenza. Oggi in Italia gli over 65 sono circa 14,4 milioni, 3 milioni rispetto a 20 anni fa, che aumenteranno arrivando al 34% della popolazione totale nel 2042 sfiorando i 19 milioni. La spesa previdenziale, dunque, non può far altro che continuare ad aumentare anche rischiando di non poter essere sostenuta da un numero adeguato di nuovi occupati. Una schiera sulla carta rimpolpabile con l’arrivo di migranti regolarizzati, che tuttavia non compensano più una crisi demografica su cui pesano anche l’impennata dell’inflazione, il caro energia, la pandemia, provocando un aumento della spesa per pensioni in rapporto al Pil dal 15,7% di quest’anno al 16,2% del 2023. Si stima che nei prossimi vent’anni gli oneri aumenteranno in media dello 0,4% del Pil, con anche un aumento dei costi previdenziali medi dello 0,5% del Pil fino al 2070.

Responsabilità politiche - Numeri e stime che preoccupano l’Italia, ma non solo. Spesa previdenziale e crisi demografica nostrane sono infatti sotto stretto monitoraggio di Bruxelles, Ocse e finanche Fmi, proprio per i connessi effetti di sostenibilità del debito pubblico. Una questione da affrontare con estrema serietà e puntualità, soprattutto in fase di campagna elettorale, assicurando politiche di welfare e sostegno alla genitorialità, oltre che a misure che guardino alla crescita e all’occupazione.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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