Con una decisione improvvisa, il cda del colosso giapponese “Toshiba”, multinazionale specializzata in elettronica consumer e alta tecnologia, tra le prime 100 aziende al mondo per fatturato, avrebbe messo alla porta il proprio presidente Osamu Nagayama.
Una decisione clamorosa che, si apprende, è arrivata dopo la pubblicazione di un’inchiesta indipendente che ha fatto luce sulla sospetta collaborazione con il governo giapponese affinché facesse pressione sui fondi stranieri. In pratica, un gruppo non meglio indicato di dirigenti del colosso dell’elettronica ha agito con funzionari del Ministero dell’Economia, del Commercio e dell’Industria per intimidire diversi investitori stranieri.
Che un nuovo scandalo fosse nell’aria si era intuito nei giorni scorsi, quando diversi dirigenti e alcuni membri del consiglio di amministrazione avevano rassegnato improvvisamente le proprie dimissioni.
Nagayama, 74 anni, manager che in Giappone gode di grande rispetto, con un passato di successo nel settore farmaceutico, era in carica come presidente Toshiba soltanto dal luglio dello scorso anno. Un portavoce dell’azienda ha spiegato che Nagayama “non si è assunto le proprie responsabilità”, e che tutti gli alti dirigenti coinvolti “hanno fallito nell’adempiere ai loro doveri”. L’ormai ex presidente si è scusato con gli azionisti, addossando le colpe contro l’ex direttore generale di Toshiba, Nobuaki Kurumatani, a sua volta costretto alle dimissioni dopo un fallito tentativo di acquisizione dell’azienda per 20 miliardi di dollari.
Non è la prima volta che multinazionale giapponese finisce nella bufera: nel 2015, la governance era stata letteralmente decapitata dopo uno scandalo che riguardava la manipolazione dei libri contabili per portare i conti aziendali a 1,125 miliardi euro fra il 2008 ed il 2014. Anche allora, la prima testa a rotolare era stata quella dell’ad Hisao Tanaka, seguito dal vicepresidente e da diversi consiglieri speciali e membri del consiglio di amministrazione.
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