Intervenendo alla riunione del comitato esecutivo dell’ABI, l’associazione delle banche italiane, il governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta ha una buona e una cattiva notizia. “La prima è che finalmente l’inflazione in Italia è sotto controllo: è tornata sotto il 2%, dove crediamo possa rimanere stabilmente per il prossimo triennio, malgrado una prevista moderata ripresa dei salari”. La brutta notizia, al contrario, è che malgrado sia superiore alla media europea, la crescita stia attraversando una fase ciclica di rallentamento, con una stima per l’anno in corso dell’1% scarso dopo il 2023 in cui è oscillata tra 0,6 e 0,7%, ma con la previsione per il 2025 dell’1% pieno. Timori confermati dal Ministero dell’Economia Giorgetti, che dal Forum di Davos ha sintetizzato un timore latente del mondo economico: “Se scoppia una guerra al mese sarà difficile raddoppiare la stima di crescita del 2023”.
L’inflazione al 2% è in linea con gli obiettivi della BCE, che ha spinto i tassi d’interesse e - come anticipato dalla presidente Lagarde a Davos – prevede un taglio fra primavera ed estate. Rispondendo alle domande dei giornalisti, la presidente si era detta “Fiduciosa sulla possibilità che i tassi abbiano raggiunto un picco. Per ora dobbiamo restare in un territorio restrittivo, senza prendere decisioni affrettate perché invertire la rotta dopo aver accelerato sarebbe molto peggio”.
“Sono convinto che la disinflazione in atto sia forte e preferisco non lanciami su previsioni, non so quando si taglieranno i tassi – ha aggiunto Panetta - ma credo che le condizioni consentiranno un aggiustamento monetario. Si sta andando nella direzione giusta, vedremo se i dati delle prossime settimane confermeranno la tendenza”.
Le decisioni della BCE preoccupano al contrario il presidente dell’ABI Alberto Patuelli, convinto che prima di decidere la riduzione dei tassi ufficiali di sconto, la Banca Centrale attenda che tutta l’Europa - dove il valore è discontinuo - scenda al di sotto del 2% di inflazione. “Auspicherei un calo più tempestivo e graduale”, ammette Patuelli.
In compenso, ancora una volta, una voce è più confortante delle altre: “Per gli istituti bancari italiani le cose vanno bene, c’è redditività, i coefficienti patrimoniali sono in linea con le banche europee, e i famigerati Npl sono bassi, ma non può andare tutto bene per sempre: il primo elemento di attenzione è la liquidità, il motivo che in genere fa “saltare” le banche: oggi è abbondante, ma la BCE la sta restringendo e questo avrà un effetto sull'aggregato. Le valutazioni SREP (Supervisory Review and Evaluation Process) sono nel complesso sodisfacenti, ma senza voler fare il profeta di sventura, storicamente i rischi crescono di più quando le cose vanno bene e l’economia cresce e si espande: allora, prima poi arriva il conto”. All’orizzonte, secondo il presidente dell’ABI, si intravedono le nubi scure di alcune tensioni dovute a possibili sofferenze bancarie.
Oltre a registrare una spinta dai consumi grazie alla tenuta dell’occupazione, Panetta spiega che il rallentamento economico, causato anche dalla frenata dell’economia cinese e le difficoltà non del tutto risolte delle catene di approvvigionamento, “È dovuto alla restrizione monetaria delle banche centrali. Questa, in particolare, è una rara fase, come accaduto negli anni ’70, in cui vengono ristrette le condizioni monetarie con effetti ‘molto forti’ sulla domanda”.
Inevitabile, in chiusura, un accenno alle possibili ripercussioni per le tensioni geopolitiche in atto: “Quello che sta accadendo in Medio Oriente e l’emersione di tensioni che non consentono il trasporto di merci e di beni possono avere dei contraccolpi più ampi sul costo delle materie prime, mettendo a rischio il processo di disinflazione. Al momento non si vede un impatto particolarmente significativo, ma l’imprevedibilità degli eventi non permette di escluderlo”.
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