Pare che il primo a immaginare un ponte per collegare la Sicilia al resto d’Italia sia stato Re Ferdinando II nel 1840, ma dopo aver scoperto il budget necessario avrebbe preferito pensare ad altro. Più o meno lo stesso copione che si ripete con regolarità ad ogni nuovo governo dal referendum che abolì la monarchia per la Repubblica in poi. Tutti, prima o poi colpiti dall’idea di riesumare il progetto di un ponte che copra i 3,14 km di mare tra Villa San Giovanni e Messina, in cui secondo le leggende vivevano Scilla e Cariddi, due mostri decisamente nervosi, di volta in volta promesso al Paese e accantonato poco dopo, rimandato ad un ipotetico domani, ma sempre “salvo intese”.
Una galleria di buone intenzioni finora servite solo a trasformare il ponte sullo stretto l’ennesimo capitolo del grande libro degli incompiuti italiani, firmate da Cossiga, Craxi, Prodi, Andreotti, Berlusconi e Conte, solo per citare quelli più vicini a noi. Eppure, per quanto possa ancora lasciare esterrefatti, l’idea su cui buon ultimo si è incaponito il ministro Salvini sembra davvero puntare verso la fatidica “volta buona”. Ieri, ben 184 anni dopo l’idea di Re Ferdinando II, sulla faccenda è calata una concreta data di inizio lavori – fissata entro la prossima estate – e addirittura quella di apertura al traffico stradale e ferroviario, immaginato al 2032. In realtà, la procedura per le autorizzazioni all’apertura dei cantieri è ancora lunga e prevede in prima battura una conferenza tra tutti gli enti coinvolti per valutare l’impatto ambientale e gli espropri.
“Il Ponte sullo Stretto di Messina porterà lavoro, sviluppo e crescita non solo in due regioni affamate di infrastrutture e di lavoro, ma in tutta Italia - ha ribadito Salvini nel question time al Senato - i dati di enti terzi, penso ad Open Economics, distribuiscono in tutta Italia le ricadute occupazionali e di ricchezza in tutte le Regioni. La prima Regione ad incremento di Pil e posti di lavoro creati sarà la mia Lombardia. È un’opera che unisce l'intero Paese e stamattina si è tenuto il Consiglio di amministrazione della società Stretto di Messina che ha approvato la relazione di aggiornamento del progetto definitivo sul Ponte sullo Stretto”.
Secondo il piano, il ponte sospeso in acciaio lungo 3.666 metri e alto 76, dotato di due sedi stradali (due corsie di traffico e una di emergenza per senso di marcia) e una ferroviaria, garantirà tempi di percorrenza medi di 15 minuti per la ferrovia, rispetto agli attuali 120 per i convogli passeggeri e 180 per i treni merci, e di 10 minuti su gomma, contro i 70 attuali per le auto e 100 per i mezzi pesanti.
I lavori di costruzione, stimati in sette anni, daranno lavoro a 4.300 addetti con picchi di 7000 e un impatto occupazionale diretto di 30mila unità/anno, a cui aggiungere quello fra indiretto e indotto, stimato in 90 mila unità, per raggiungere un totale di 120mila nuovi posti di lavoro.
Uno dei punti dolenti di ogni progetto ha sempre toccato la sicurezza di un tratto di mare a imbuto che convoglia sullo stretto venti fortissimi, a cominciare dallo scirocco, ma non sono da meno le altrettanto energiche correnti marine e il grado di alto rischio sismico che da sempre interessa la zona, basata su un delicato sistema di faglie attive che nel tempo hanno causato devastanti terremoti come quelli del 1783 e del 1903, il primo concentrato sulla parte meridionale della Calabria e il secondo capace di danneggiare in modo pesante le città di Messina e Reggio Calabria con una scossa di magnitudo 7,1 durata appena 37 secondi, sufficienti per mietere 80mila vittime.
A questi rischi, la società risponde assicurando che la struttura è studiata per resistere senza danni ad un sisma di magnitudo 7,1 Richter, così come è in grado di resistere a venti con velocità superiore a 300 km/h. L’importante, è non fare innervosire Scilla e Cariddi.