8 agosto 2024

RPO e la battaglia (persa) contro le chiamate moleste

Il telemarketing aggressivo continua imperterrito, malgrado due anni fa sia nato quello che doveva fare da diga: il Registro Pubblico delle Opposizioni. Al momento, un’arma spuntata

Autore: Germano Longo
Il 27 luglio di due anni fa, il 2022, su iniziativa di quello che allora si chiamava Ministero dello Sviluppo Economico, nasceva il Registro Pubblico delle Opposizioni (RPO), un database a cui ogni cittadino poteva iscrivere il proprio numero, sia fisso che mobile, per bloccare le chiamate “spam”, quelle telefonate moleste che arrivano a tutte le ore del giorno e a volte anche della notte. L’iscrizione, di fatto, “annulla i consensi alla pubblicità rilasciati in precedenza”, ovvero quelli inconsapevolmente autorizzati dando il proprio numero all’atto di iscrizioni, compravendita, contratti o più semplicemente ancora barrando con una “X” la casella sbagliata. Una pratica scorretta, ma che rappresenta un business sotterraneo assai florido che consiste nel vendere “pacchetti” con migliaia di indirizzi email e numeri di telefono di gente del tutto inconsapevole.

Attirati dall’idea che finalmente qualcuno potesse risolvere un vero problema che spesso spinge a rifiutare in automatico le chiamate in arrivo da numeri sconosciuti, rischiando anche di perdere telefonate importanti, in poco tempo al servizio si sono iscritte 30 milioni di numeri. E visto che il principio vale anche per gli operatori, nello stesso arco di tempo si registrano 101mila aziende di telemarketing, che ovviamente si impegnavano a rispettare il diritto dei clienti che non vogliono ricevere chiamate moleste.

Peccato che due anni dopo nulla sembra cambiato: non solo le chiamate dei telemarketing continuano ad arrivare imperterrite, ma come beffa ulteriore sono perfino più di prima. E questo malgrado il Regolamento sulla protezione dei dati preveda sanzioni che possono arrivare a 20 milioni di euro o il 4% del fatturato annuo dell’azienda.

Qualche timido tentativo di risolvere la faccenda è stato fatto, compreso il varo lo scorso marzo di un codice di condotta del telemarketing per call center, tele seller e list provider che impone correttezza e legittimità nel trattamento dei dati lungo la “filiera del telemarketing” alle società che aderiscono, che significa il consenso specifico per ogni finalità. Ma nella relazione annuale dello scorso anno, il Garante della privacy è stato costretto ad ammettere che “il fenomeno del telemarketing indesiderato non mostra cenni di sensibile regressione anche a causa di una vera e propria catena di controllo che impedisca di introitare contratti originati in violazione delle norme”. Il risultato di un vero baratro che segue alle buone intenzioni tipico italiano, sono 114mila segnalazioni di telemarketing aggressivo sulle 120mila inviate al Garante lo scorso anno.
Con l’avvio di alcune istruttorie qualcosa si è mosso, ma tutto è finito con sanzioni molto più basse del previsto perché colpivano non aziende ma singoli soggetti che utilizzavano liste telefoniche illecite. Discorso a parte per i 6 milioni di euro che per telemarketing aggressivo ha dovuto pagare “Eni Plenitude” ed i 79 appioppati a “Enel Energia”.

Per tentare di risolvere il problema, che è efficace con gli operatori regolari ma lascia fuori migliaia di disonesti, il Garante per la privacy ha messo a disposizione un modulo sul proprio sito in cui segnalare anche le “telefonate mute”, quelle in cui si sente solo un rumore di fondo, tecnicamente definito “comfort noise”, specificando tuttavia che anche se tutte le segnalazioni saranno analizzate, non è automatica l’adozione di un provvedimento del Garante.

Per iscriversi RDO è ancora oggi sufficiente entrare nel sito ufficiale utilizzando Spid o Cie, compilare il modulo in cui è possibile inserire fino a 5 numeri di telefono e sottoscrivere il “diritto di opposizione”. L’importante, spiega il sito, è rinnovare ciclicamente l’iscrizione, in quanto ovviamente tiene conto di quanto accade prima ma non dopo la registrazione dei numeri.

Difendersi da un fenomeno fastidioso quanto le zanzare in estate non è semplice: esistono diverse “app” che promettono di fare da barriera contro le chiamate di telemarketing, ma non sempre funzionano. E secondo una ricerca di “Consumerismo” del 2023, qualcuna addirittura venderebbe allegramente i dati dei propri iscritti alle aziende di telemarketing.
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