In Unione Europea, in 21 dei 27 Stati membri è stato introdotto il salario minimo. In Italia si continua a discutere se sia un’opportunità o un costo troppo elevato da sostenere e quindi, come in Danimarca, Cipro, Austria, Finlandia e Svezia, lasciare la disciplina ai contratti collettivi nazionali.
Ma cos’è il salario minimo?
È la retribuzione di base per i lavoratori di differenti categorie, stabilita per legge, in un determinato arco di tempo. È considerato il limite al di sotto del quale non si può scendere.
Nei paesi europei dove è stato adottato il salario minimo si è tenuto conto di alcuni fattori:
- PIL;
- Produttività;
- Indice dei prezzi al consumo;
- Andamento dell’economia.
Tenendo sempre ben presente la necessità di una rivalutazione tale da non far perdere il potere di acquisto ai salari ma di renderlo stabile al variare delle situazioni nel tempo.
In ogni caso il fenomeno dei “working poors” (lavoratori con un reddito inferiore alla soglia di povertà relativa) è un problema da affrontare considerando che, secondo l’ultimo report di “In-work poverty in the EU” l’11.7% dei lavoratori dipendenti in Italia riceve un salario inferiore ai minimi contrattuali. È necessario quindi un intervento per disciplinare la soglia minima attraverso accordi tra privati, ancor più che attraverso i contratti collettivi che, secondo quando dichiara il CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) sono circa 888 quelli dichiarati.
Il salario minimo orario è previsto dal Governo negli 11 progetti da finanziare nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dell’Italia contemplando come “modulato dalla contrattazione collettiva e ancorato ad una detassazione dei rinnovi dei CCNL”.
A tutto ciò, dovrebbero essere poi legati i premi ai lavoratori correlati ai risultati raggiunti oltre che gli incentivi fiscali per le nuove assunzioni.
Inoltre è in corso di valutazione al Senato il disegno di legge n. 2187 promosso dall’ex Ministra del Lavoro Nunzia Catalfo, nel quale vengono valorizzati i contratti leader, quindi sottoscritti dai sindacati maggiormente rappresentativi, oltre all’introduzione di una disciplina sul salario minimo stabilendo una soglia di 9euro l’ora, in linea con quando disposto dalla Commissione Europea in termini di adeguatezza.
Bisogna dare una risposta concreta alla Direttiva Europea approvata a dicembre che spinge in due direzioni: salario minimo legale e dall’altro con la contrattazione collettiva fra i lavoratori e i loro datori di lavoro.
Nel frattempo la Germania a Febbraio 2022 ha varato un aumento a 12 euro l’ora dagli attuali 9.82 che entrerà in vigore dal primo ottobre 2022. Il tutto in linea con quanto era stato garantito dai socialdemocratici in accordo con i Verdi e i Liberali. In questo modo un lavoratore full-time, considerando 40 ore settimanali, avrà uno stipendio di 2110 euro mensili.
Sula stessa scia in Spagna il governo ha trovato un accordo con i sindacati Ccoo e Ugt, per cui è stato definito il salario minimo a 1.000 euro su 14 mensilità con valenza retroattiva da Gennaio 2022. Un aumento di 35 euro rispetto allo stipendio minimo in vigore che però non ha visto l’unanimità dei consensi. Infatti le organizzazioni imprenditoriali del Cepyme e il sindacato Ceoe hanno respinto questa proposta.
Da noi tocca aspettare l’esito delle trattative, tuttora in corso tra il Ministro Orlando e i sindacati per cercare di capire qual è la direzione presa.