4 novembre 2024

Un falsopiano tutto italiano: il 15% dei contribuenti paga il 63% delle tasse

A fronte di un 45,16% privo di redditi che vive a carico della collettività, c’è una specie di contribuenti totalmente dimenticati che malgrado continuino a sostenere il sistema, stanno per essere penalizzati ulteriormente

Autore: Germano Longo
Ronald Reagan, 40esimo presidente statunitense, aveva le idee chiare: “Il contribuente è un tizio che lavora per lo Stato senza essere dipendente”. Ma non è affatto certo che il 5% degli italiani che presentano la dichiarazione dei redditi finanziando il 42% dell’Irpef, siano così soddisfatti nel sentirsi dipendenti non retribuiti che invece di ricevere soldi sono costretti a darne, e pure con discreta urgenza.

Anche perché, in aggiunta, si tratta di contribuenti “dimenticati”, vittime sacrificali di sistema che classifica chi dichiara redditi superiori a 55mila euro (diventati 75mila), su cui sta per abbattersi un nuovo aumento della pressione fiscale, questa volta sotto le mentite spoglie dell’utilizzo delle detrazioni.

Ma il sentimento è forse l’unico passaggio che manca nell’undicesima edizione dell’Osservatorio sulla spesa pubblica e sulle entrate realizzato da Itinerari Previdenziali e CIDA (Confederazione Italiana Dirigenti e Alte Professionalità). Sul resto, come dire, c’è tutto quel che serve per capire quanto l’Italia sia un Paese in falsopiano, dove tanti evadono e quelli che non riescono pagano per tutti. L’Irpef, tanto per restare sull’argomento, è vittima di mix malefico fatto regimi sostitutivi ed evasione che l’ha trasformato in una sorta di circolo privato in cui pochi soci pagano per gli altri, ma senza avere in cambio alcun privilegio, anzi.

“Secondo il testo della Legge di Bilancio, i lavoratori dipendenti con un reddito superiore a 75mila euro lordi annui finiranno ad essere esclusi dal sistema di detrazioni. Stiamo parlando di poco più di un milione di contribuenti, su un totale di 32 milioni di versanti, che vengono totalmente ignorati dallo Stato - spiega Stefano Cuzzilla, Presidente CIDA - questi tagli rischiano di impattare negativamente proprio su quelle poche famiglie e lavoratori che con i loro redditi contribuiscono alla sostenibilità del sistema, pagando le tasse, finanziando il welfare, sostenendo l’economia. Senza una visione a lungo termine che tenga conto delle diverse realtà economiche e professionali, finiremo per far passare un messaggio depressivo: in questo Paese non conviene eccellere, non conviene impegnarsi, non conviene produrre”.

Ma c’è di peggio, perché aumentando la spesa per l’assistenza di un Paese che invecchia in modo inesorabile, cresce in proporzione il carico da sopportare sulle proprie spalle. “In 10 anni la spesa per il welfare è aumentata del 30% a causa di una spesa in assistenza salita al +126%. Di fatto, nel nostro sistema fiscale il peso per chi produce e contribuisce è ormai insostenibile. – prosegue il presidente CDIA - mentre l'inflazione ha mangiato il 24% del potere d'acquisto in 15 anni, questa minoranza continua a sostenere sanità, assistenza sociale e servizi per tutti, spesso senza alcun beneficio diretto. Mi chiedo fino a quando sarà disponibile a farlo”.

E gli altri? Una consistente sacca di italiani, il 45,16%, non ha (o non dichiara) redditi vivendo di fatto a carico di qualcun altro, ovvero del 15,26% dei contribuenti che dichiarando redditi superiori a 35mila euro pagano il 63,39% dell’Irpef. “È giusto aiutare chi ha bisogno, così come garantire a tutti diritti primari come quello alla salute – conclude il presidente del Centro studi Alberto Brambilla – ma i nostri decisori politici tendono spesso a trascurare come queste percentuali dipendano anche da economia sommersa ed evasione fiscale per le quali primeggiamo in Europa: è davvero credibile che quasi la metà degli italiani viva con circa di 10mila euro lordi l’anno?”.

E allora è anche inutile continuare a ripetere la più tipica lagnanza dell’italiano medio: siamo un popolo oppresso dalle tasse. Per pagare la spesa sanitaria, per i primi due scaglioni di reddito, quelli fino a 15mila euro, la differenza tra l’Irpef versata e il costo della sanità supera i 50 miliardi, mentre la differenza sale a 57,8 miliardi sommando i redditi da 15 a 20mila euro. Considerando anche spesa assistenziale e welfare degli enti locali, a fronte di 661 miliardi di entrate, al netto dei contributi sociali, la redistribuzione totale è pari a 240,56 miliardi.
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