Pochi giorni fa, la 44esima sessione del Comitato del Patrimonio Mondiale Unesco ha salvato Venezia, non inserendola nella “black list” dei siti più in pericolo. C’era di mezzo il pericoloso passaggio dei palazzi galleggianti che pur di compiacere i turisti comparivano come mostri nella delicata laguna veneziana, a pochi passi da piazza San Marco.
Un gentile “omaggio” all’Italia, altrimenti costretta a subire l’onta di Paese incapace nella protezione dei propri gioielli. Ma ora, ad una manciata di giorni di distanza, arriva il conto degli indennizzi previsti dal governo, ed è salato: lo stop ai transatlantici, deciso in via d’urgenza dal dL “Grandi Navi” per la salvaguardia del centro storico, transitato alle commissione del Senato per essere convertito in legge, si aggira in via provvisoria sui 222 milioni di euro.
Buona parte della cifra, 30 milioni, spetterà alle compagnie di navigazione su dati forniti da loro stesse per rimborsare chi rinuncerà al viaggio privato della vista della Serenissima, mentre cinque milioni copriranno la cassa integrazione prevista per i dipendenti VTP e delle aziende partner, delle imprese portuali e dei servizi nautici, le agenzie marittime e gli spedizionieri doganali i cui posti di lavoro rappresentano il costo umano dell’operazione.
C’è poi la questione del “Venezia Terminal Passeggeri”, di proprietà mista fra Regione Veneto e le compagnie di navigazione, che a fronte di un indennizzo inferiore alle richieste potrà contare sul benefit della riduzione del canone di concessione.
L’impegno dei 222 milioni, con tranche divise in 42 entro quest’anno, altri 33 nel 2022, 15 l’anno successivo, 42 nel 2024, 55 nel 2025 e 35 milioni nel 2026, prevede 175 milioni da utilizzare per la costruzione di cinque approdi a Marghera, porto commerciale e polo petrolchimico al momento non attrezzata per il turismo e da rendere anche piacevole alla vista, a patto che le prossime valutazioni ambientali e di sicurezza diano il via libera. In attesa, le grandi navi saranno dirottate fra Monfalcone e Trieste.
Per gli ambientalisti, il decreto è però una vittoria a metà: vieta l’accesso ai colossi dei mari al Bacino, la Giudecca e il Canale San Marco, ma non alla Laguna. Per vederle scomparire completamente dall’orizzonte veneziano sarà necessario attendere il nuovo porto, al momento ancora fermo a livello di progetto.
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