A tre mesi dalla manovra che per quasi una settimana ha bloccato il Canale di Suez dividendo il mondo in due, la vicenda della “Ever Given” sembra giungere alla conclusione.
Lo scorso aprile, un tribunale egiziano aveva disposto il sequestro dell’enorme portacontainer di proprietà della “Shoei Kisen Kaisha” e registrata a Panama, fino al pagamento all’amministrazione del canale di 900 milioni di dollari a titolo di risarcimento (richiesta poi scesa a 600) per le spese sostenute e per i mancati introiti nel periodo del blocco navale. Dopo i 150 milioni offerti dalla compagnia assicurativa “UK’s P&I Club”, la proprietà aveva presentato ricorso contro il sequestro, respinto dal tribunale, che il mese scorso ha deciso di sospendere la causa invitando le parti a trovare un accordo.
La Ever Given, tutt’ora ancorata in un tratto lacustre del canale di Suez, è ferma da allora insieme ai 23 uomini di equipaggio e ad un carico dal valore stimato fra i 600 ed i 700 milioni di dollari: a bordo oltre 18.300 container, diversi dei quali dell’Ikea, altri pieni di computer, attrezzature sportive e abbigliamento, merci che attendono da mesi di essere consegnate.
Sono giorni frenetici per raggiungere un accordo che sarà presentato ai giudici il prossimo 4 luglio, quando il tribunale stabilirà se la Ever Given potrà proseguire la propria rotta verso il porto di Rotterdam, dove arriverà navigando a velocità molto basse per via dei danni strutturali subiti nell’incidente dello scorso marzo. Per i proprietari dei container a bordo si tratta di attendere ancora, con l’aggiunta di vedersi accollare parte del risarcimento in quota parte stabilita per via del “General Average” invocato dall’armatore: la regola che impone di dividere l’entità del danno tra la proprietà della nave e i proprietari delle merci imbarcate.
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