10 febbraio 2024

Vincitori e vinti

Autore: Ester Annetta
È la settimana di Sanremo.

Anche a volersi sforzare, ribadire la priorità di temi che esigerebbero d’averne pare vano: si collocano tutti in posizione subalterna rispetto alla centralità del Festival, quell’unico argomento che soggioga ogni canale di diffusione.

La pubblicità della programmazione di Netflix che scorre in queste sere è in tal senso emblematica: le sue cinque icone colorate sono sedute nella platea di un teatro e, mentre suonano le note di “Ritornerai” di Bruno Lauzi, compare la didascalia: “Lo sappiamo, questa settimana guarderete altro. Ci rivediamo la prossima”. Segno che, quando c’è Sanremo, non ci sono palinsesti alternativi che tengano.

Ma va bene fintanto che ad essere coinvolti nel fermo forzato siano programmi di intrattenimento; certo è più grave se anche i notiziari si lasciano trascinare dall’incantesimo sanremese consentendo che cronaca e politica scivolino oltre le quinte.

Va però rilevato – per amor di verità - che se l’ennesimo dramma di giovani migranti morti annegati o assiderati nel container frigo di una nave in cui si erano nascosti per attraversare il Mediterraneo fa ormai poco clamore, ci pensa Dargen D’Amico a rifocalizzare l’attenzione sul tema con la sua “Onda alta”; allo stesso modo, se è evidente che la vicenda della ragazzina catanese di tredici anni stuprata dal branco sotto gli occhi del suo fidanzatino è velocemente passata in subordine nell’attenzione collettiva, insieme a qualche femminicidio “minore” che ha fatto poca notizia, c’è Fiorella Mannoia con “Mariposa” a rileggere il tema della condizione femminile.

Come di consueto, non ho retto per più di mezz’ora la visione d’ogni singola tranche della lunga maratona e dunque non mi spingo oltre, avendo scarsi elementi per indicare eventuali altri argomenti che, attraverso canzoni e ospitate, si è tentato di riproporre ad un pubblico forse più interessato a indovinare quali ritornelli diventeranno presto tormentoni o a commentare l’outfit dei concorrenti.

Resta sicuramente apprezzabile - per carità! – la “missione sociale” che il Festival ambisce ad avere, veicolando, attraverso un registro canoro “di tendenza” e la presenza di personaggi più vicini agli entusiasmi e agli interessi di un’utenza media, tematiche e riflessioni ai quali più frequentemente essa tenderebbe altrimenti a restare impermeabile.

Tuttavia la realtà non è intrattenimento e non va perciò strumentalizzata, banalizzata o spettacolarizzata.

E allora, “nonostante Sanremo”, non si dimentichi che la marcia dei trattori prosegue e c’è ben altro che si pone a fondamento della protesta che trascinano che non la scommessa se arriveranno o meno davanti all’Ariston; che nelle stesse ore in cui una ragazzina di tredici anni viene aggredita e violentata in un parco cittadino, il negoziato sulla Direttiva europea pensata per unificare le normative sullo stupro in tutta l'Unione è bloccato dal disaccordo di alcuni Stati membri, i quali sostengono che definirlo «sesso senza consenso» non sia sufficiente a decretarne la penalizzazione, occorrendo, invece, che sia la vittima a dover dimostrare l’uso della forza o della minaccia subite;
che le guerre continuano, perché dove non arrivano la suadenza delle trattative e la pietosa richiesta di una tregua, ancor meno può pretendere d’arrivare un appello alla pace retoricamente lanciato dal palcoscenico più illuminato del momento.

Ogni cosa tornerà perciò come prima: tragicamente irrisolta, non appena i riflettori (quelli veri) ed i lustrini del Festival avranno spento il loro abbaglio.
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