31 dicembre 2024

La scelta dell’assetto societario più adatto è responsabilità dell’imprenditore

Come disposto dal novellato art. 2086 del Codice Civile

Autore: Angela Taverna
La ratio che ha spinto il legislatore verso questa riforma è di facile intuizione, soprattutto se inserita all’interno di un quadro normativo più ampio, come l’introduzione del Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza.

Il novellato articolo 2086 recita:

“L’imprenditore è il capo dell’impresa e da lui dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori. L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.”

Su questa disposizione vanno fatte alcune considerazioni.

La posizione apicale dell’imprenditore comporta specifiche responsabilità, in particolare per quanto riguarda la scelta della forma societaria. Più una struttura societaria si adatta a una determinata attività e a un preciso volume d’affari, maggiore sarà la possibilità di mitigare gli effetti di una eventuale crisi d’impresa. L’imprenditore, in quanto titolare dell’impresa (sia essa individuale che societaria), ha l’obbligo di assicurarsi che l’assetto organizzativo e amministrativo della società sia adeguato. Tuttavia, nelle società di capitali, l’imprenditore (o socio fondatore) delega la gestione operativa agli amministratori, i quali sono responsabili dell’amministrazione quotidiana dell’impresa e della sua organizzazione. In questo contesto, la responsabilità dell’imprenditore consiste nel garantire che gli amministratori agiscano con la dovuta diligenza e che la forma societaria scelta sia idonea a prevenire problematiche legate alla crisi d’impresa.

Il Tribunale di Catanzaro, con ordinanza del 6 febbraio 2024, ha affermato che l’inottemperanza nell’individuazione della forma societaria più idonea può comportare la revoca degli organi di amministrazione e la conseguente sostituzione con un amministratore giudiziale nominato dal Tribunale territorialmente competente. Tale provvedimento può essere adottato anche prima che si verifichino crisi d’impresa, poiché l’inosservanza della scelta appropriata viene considerata come una negligenza evitabile, e quindi può essere ravvisata una responsabilità in via precauzionale.

A questo punto, sorge spontanea la domanda se tale principio valga anche per le società di capitali, nelle quali vige il principio di indipendenza della società, la quale “vive” come un’entità separata in tema di responsabilità patrimoniale rispetto a soci e amministratori.

La risposta è affermativa. L’articolo 2476 del Codice Civile prevede una responsabilità solidale dei soci per eventuali danni derivanti dall’inosservanza dei doveri loro imposti dalla legge e dall’atto costitutivo. La scelta di un assetto societario adeguato, così come l’adozione di un’adeguata contabilità, rientra tra i doveri degli amministratori anche nelle società di capitali.

Inoltre, la responsabilità degli amministratori si estende anche nel caso in cui, alle prime avvisaglie di crisi, questi non attuino un piano di rientro o non adottino una delle procedure di ristrutturazione dei debiti previste dal nostro ordinamento giuridico per la gestione delle crisi aziendali, con l’obiettivo ultimo di evitare il fallimento. Gli amministratori hanno una responsabilità fondamentale nel monitoraggio dei sistemi di controllo interno e di gestione del rischio, dovendo costantemente valutare la condizione economica delle società, soprattutto in relazione alle fluttuazioni del mercato.
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