Passata la “sbornia” post-elezioni di Donald Trump, con le cripto che avevano raggiunto picchi inesplorati di ottimismo, la moneta virtuale, lo scorso martedì, è scesa sotto i 90.000 dollari, accusando un contraccolpo che ha pesato sul mercato per almeno il 4%. Sommato al calo di lunedì, questo ci porta a una flessione del 9% e a un ribasso del 15% da inizio mese.
Parlando in maniera specifica, Ethereum, la seconda blockchain più diffusa, ha registrato una flessione del suo token nativo (ETH) del 15% e del 26% da inizio mese, mentre Solana è in rosso del 16% da inizio settimana e del 40% nel parziale di febbraio.
Nulla di imprevedibile, data l’endemica volatilità delle criptovalute rispetto alle azioni tradizionali. Correzioni e ribassi si sono sempre susseguiti, ma ora gli umori degli investitori sono peggiorati: la paura dell’ignoto prevale sull’euforia.
Come se non bastasse, a complicare ulteriormente una situazione già compromessa intervengono le crescenti minacce alla sicurezza. Un gruppo di hacker nordcoreani sta infatti conducendo ripetuti attacchi per sottrarre criptovalute direttamente dalla blockchain. Nel frattempo, le autorità hanno intensificato il monitoraggio dei flussi di denaro per impedire il prelievo delle somme rubate, aggravando ancora di più una situazione già estremamente vulnerabile e incerta.
Tutta la negatività che aleggia attorno al mercato della moneta virtuale si riflette nel “Fear and Greed Index”, indicatore del sentiment dei mercati, che è crollato in un solo giorno da 49 punti (zona neutrale) a 25, denotando così un calo di fiducia non indifferente.
Se è vero che i mercati si autoregolano, senza un intervento di Wall Street sarà difficile recuperare questo disavanzo, senza contare l’impatto negativo che il crollo di Nvidia ha avuto sul mercato statunitense.
Il trimestre che si apre sarà oggetto di attenta analisi da parte dei cripto-investitori che, seppur con molte remore, sono tornati a sperare.
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