7 novembre 2018

Regime fiscale dei buoni pasto ed app mobile per servizi sostitutivi di mensa

Autore: Pietro Mosella
Come anticipato in un articolo precedente (Servizi sostitutivi mensa: disciplina fiscale per l’App mobile), l’Agenzia delle Entrate, con il principio di diritto n. 3 dello scorso 8 ottobre, ha indicato la disciplina fiscale da applicare alle imposte dirette e all’imposta sul valore aggiunto in riferimento ai servizi sostitutivi di mensa aziendale erogati tramite App Mobile per smartphone.

In virtù di quanto esposto nel suddetto principio di diritto, ai fini IRPEF, la determinazione del reddito di lavoro dipendente avverrà alle condizioni di cui all’articolo 51, comma 2, lettera c), del TUIR, laddove è disposto che «non concorrono a formare il reddito […] le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro, nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi […]».

Il decreto del MISE del 7 giugno 2017, n. 122, richiamato nel suddetto principio di diritto, definisce il buono pasto come «il documento di legittimazione, anche in forma elettronica, avente le caratteristiche di cui all'articolo 4, che attribuisce, al titolare, ai sensi dell'articolo 2002 del codice civile, il diritto ad ottenere il servizio sostitutivo di mensa per un importo pari al valore facciale del buono e, all'esercizio convenzionato, il mezzo per provare l'avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione».

Sempre nel sopra citato principio di diritto, è stato specificato che, ai fini IRES, il costo sostenuto dal datore di lavoro per gestire i servizi sostitutivi di mensa aziendale, rappresenta un onere per l’acquisizione di un servizio complesso non riducibile alla semplice somministrazione di alimenti e bevande e, quindi, non subisce le limitazioni di deducibilità di cui all’articolo 109, comma 5, del TUIR.

In merito all’IVA, il Fisco, nel principio sopra menzionato, ribadisce che, fermi restando gli eventuali riflessi del recepimento in ambito nazionale della Direttiva (UE) 2016/1065 del 27 giugno 2016, si renderanno applicabili le aliquote ridotte del 4 e 10 per cento previste nei numeri 37 e 121 della Tabella A, allegata al D.P.R. n. 633/1972.

La Risoluzione n. 63/E/2005 – Già nella Risoluzione n. 63/E del 17 maggio 2005, era stato affrontato il tema del trattamento fiscale delle cosiddette “card elettroniche”. A tal proposito, una S.r.l., società esercente prestazioni di servizi sostitutivi di mense aziendali, aveva chiesto di conoscere il corretto trattamento fiscale, ai fini delle imposte sui redditi e dell’Iva, applicabile alle cessioni di card elettroniche, ai datori di lavoro utilizzabili dai propri dipendenti, presso i vari esercizi convenzionati, per consentire ad essi l’accesso immediato e controllato al servizio di somministrazione di alimenti e bevande. A tal fine, la società in questione procedeva:

a) alla stampa ed alla opportuna codifica dei relativi badge, prima di consegnarli al datore di lavoro per la successiva distribuzione ai dipendenti che li avrebbero dovuti utilizzare presso gli esercizi convenzionati;
b) alla installazione presso gli esercizi convenzionati di appositi terminali al fine di consentire il riconoscimento del dipendente utilizzatore del badge e l’accesso immediato e controllato al servizio di somministrazione.


L’esibizione del badge dava diritto ad una sola prestazione giornaliera, non ripetibile nell’arco dello stesso giorno lavorativo, secondo le modalità previste dalla legge o dal contratto (collettivo o aziendale) che regola il servizio di mensa per i dipendenti.
L’Agenzia delle Entrate, sul punto, ha chiarito che “la disamina delle caratteristiche che contraddistinguono siffatta modalità di somministrazione - attinenti soprattutto allo strumento elettronico attraverso il quale il dipendente può accedere al servizio di somministrazione - induce a differenziarla da quella realizzata attraverso i ticket restaurant”.
Ciò, in quanto, sempre secondo il Fisco, “le card, operando su di un circuito elettronico, consentono di verificare in tempo reale l'utilizzo conseguente alla maturazione del diritto da parte del dipendente - una sola prestazione giornaliera limitatamente ai giorni di effettiva presenza in servizio e, al contempo, di scongiurare un loro eventuale utilizzo improprio e/o fraudolento: quale potrebbe essere, ad esempio, la richiesta di somministrazione in un giorno in cui il dipendente risulti ammalato o, semplicemente, in una fascia oraria diversa da quella prevista contrattualmente per la pausa pranzo”.

Inoltre, l’Agenzia aveva chiarito che l'utilizzo delle card non consente di posticipare nel tempo la fruizione della prestazione e, pertanto, il dipendente che, pur avendo maturato il diritto alla prestazione, non consuma il pasto, non potrà più recuperarlo nei giorni successivi, né al medesimo verrà riconosciuto altro analogo diritto riconducibile al servizio di mensa aziendale.
Le Entrate avevano, altresì, precisato che “dalla funzione attribuita alle card elettroniche, di mero strumento identificativo dell'avente diritto, deriva che le stesse non sono assimilabili ai ticket restaurant ma, piuttosto, ad un sistema di mensa aziendale, che può essere definita "diffusa", in quanto il dipendente, può rivolgersi ai diversi esercizi pubblici che, avendo sottoscritto la convenzione, sono abilitati a gestire la card elettronica”.
Le prestazioni rese attraverso di esse, quindi – aveva osservato ancora il Fisco -, non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente, a prescindere dal superamento o meno del limite di 5,29 euro, di cui all'articolo 51, comma 2, lett. c), del TUIR (riferito esclusivamente alle prestazioni ed alle indennità sostitutive di mensa).
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