Il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), a causa delle sue carenze strutturali e della cronica mancanza di personale, non è in grado di sostenersi autonomamente. Le liste d’attesa sono interminabili e spesso non vengono garantite cure tempestive a chi ne ha bisogno. Nonostante le difficoltà del SSN, la sanità integrativa non riesce a decollare e, anzi, perde terreno. Pur contando circa 16 milioni di iscritti, il settore è in stallo da tre anni, incapace di crescere o di adattarsi alle nuove esigenze della popolazione.
Dopo un primo exploit che ha portato il numero degli iscritti ai fondi integrativi a circa 16 milioni, la crescita si è arrestata, come se il sistema avesse raggiunto il massimo raggiungibile senza la possibilità di valicare tale muro. Ma è inutile prendersi in giro, senza interventi normativi mirati, è improbabile che si possa superare questo stallo. La necessità di un secondo pilastro sanitario da affiancare al pubblico, è evidente. A confermarlo, i dati sulla spesa sanitaria: a fronte dei 133 miliardi di euro destinati al finanziamento del SSN, i cittadini pagano di tasca propria 43 miliardi, con un rapporto che evidenzia come 1 euro su 3 venga speso nel settore privato. Tuttavia, i fondi integrativi riescono a coprire solo 3,2 miliardi, una cifra nettamente insufficiente rispetto alle necessità dei cittadini.
È importante sottolineare che il problema non deriva dalla mancanza di incentivi o agevolazioni fiscali, ma da diversi fattori strutturali. Tra questi, il comportamento dei datori di lavoro, che, pur essendo spesso obbligati a iscrivere i dipendenti ai fondi integrativi di categoria, non lo fanno. I lavoratori, dal canto loro, temono ritorsioni e non denunciano queste omissioni. Una possibile soluzione potrebbe essere quella di trasferire ai fondi stessi la responsabilità di gestire le iscrizioni e i controlli, alleviando così i lavoratori e garantendo maggiore trasparenza.
Inoltre, sarebbe necessario ampliare la platea dei beneficiari, includendo i 3,5 milioni di dipendenti pubblici, oggi esclusi dalla sanità integrativa. Questo intervento ridurrebbe le disparità e aumenterebbe significativamente il numero di persone coperte.
Un problema cruciale è rappresentato dallo squilibrio tra il numero di iscritti ai fondi integrativi e la crescente domanda di prestazioni sanitarie, che porta i fondi a spendere più di quanto riescano a raccogliere. Questo gap rischia di compromettere la sostenibilità del sistema e, in assenza di un intervento efficace, potrebbe aggravare ulteriormente la pressione sul SSN, già incapace di soddisfare le richieste della popolazione.
La sanità integrativa deve evolversi per diventare un pilastro complementare al SSN, garantendo un accesso più ampio e una maggiore efficienza nell’erogazione delle prestazioni. Entrambi i tipi di sanità devono esistere in un rapporto di complementarietà e sussidiarietà all’interno di una visione che pone al centro il bene comune e un ragionevole impiego di risorse finanziarie.
© FISCAL FOCUS Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata