27 giugno 2018

Segnalazione in C.A.I. obbligo di preavviso per la banca

Autore: Paola Mauro
La Corte di Cassazione (Sez. I civ. Sent. n. 15500/18) ha precisato che la Banca non può revocare il bancomat al cliente con il conto in rosso e segnalarlo alla Centrale di Allarme Interbancaria (CAI), senza prima avvisarlo.

Il giudizio scaturisce da una segnalazione di «revoca» in C.A.I. di una carta di debito, che l'intermediario ha effettuato in assenza di preventiva comunicazione al titolare. Quest’ultimo ha lamentato l’illegittimità del comportamento, chiedendo la «rettifica» della segnalazione e la condanna al risarcimento dei danni, in relazione alla lesione del diritto all’immagine commerciale e personale.
  • La Banca ha estinto il conto corrente e revocato la carta di debito, in ragione del progressivo maturare a debito sia del canone per l’uso della carta sia d’interessi e spese. Ha quindi proceduto con la segnalazione in C.A.I.

Ebbene, le richieste di «rettifica» della segnalazione e di condanna al risarcimento dei danni all’immagine sono state respinte da giudici di merito, che hanno ritenuto corretta la procedura seguita dalla Banca, attese le previsioni di legge, in particolare, con riferimento all'art. 10-bis, comma primo, lett. a), L. n. 386/1990, all'art. 8 Regolamento Banca d'Italia 29 gennaio 2002 e all'art. 7 D. M. Giustizia n. 458/2001.

Peraltro i giudici di merito hanno sostenuto che «la legge non prevede alcun obbligo di preavviso al correntista della revoca della carta di debito da parte dell'emittente».

Stando così le cose, il cliente si è rivolto alla Suprema Corte, vedendosi dare ragione.
  • In sostanza, il ragionamento decisionale dei giudici di merito è stato censurato da quelli di legittimità, nella parte in cui non è stata operata una distinzione tra i doveri degli intermediari rispetto al sistema della Centrale di Allarme Interbancario e quelli nascenti dai rapporti contrattuali tra il singolo intermediario e i suoi clienti.

In particolare, il Suprema Collegio ha ritenuto decisiva la qualificazione, «che il ricorrente pone come presupposto primo del richiamo alla norma dell'art. 125 quater TUB, della “revoca” della carta di debito come atto di recesso dell'intermediario dal rapporto di servizio di pagamento in essere con l'utilizzatore della carta (così come stabilisce, del resto, la normativa degli artt. 126 bis ss. TUB per il conto di pagamento)».

Al riguardo, i Massimi giudici evidenziano che l’«autorizzazione» all'uso della carta di debito presuppone la sussistenza di un patto, intercorrente tra intermediario e cliente, che ha riflesso anche in termini disciplinari. Correlativamente, sotto il profilo tecnico giuridico, la c.d. «revoca» della carta di debito viene in sé a integrare un'ipotesi di recesso dal rapporto contrattuale che correva tra le parti. La «revoca» della carta di debito, per poter essere efficacemente iscritta in C.A.I., - chiosa la S.C. - «deve dunque rispettare le modalità di corretto esercizio del recesso dal patto che sono previste nel nostro ordinamento».

Ora, secondo i principi generali del nostro ordinamento, «il recesso è in ogni caso un negozio unilaterale recettizio. Per potere essere in grado di produrre effetti, lo stesso deve pertanto essere preventivamente comunicato alla controparte contrattuale, secondo la prescrizione della norma dell'art. 1334 Cod. civ.». Nel caso di specie, l’intermediario non ha provveduto a comunicare al cliente la dichiarazione del proprio recesso dal rapporto di cui alla carta di debito; e da ciò gli Ermellini hanno tratto la conclusione della «inefficacia della revoca e della correlata segnalazione».

E allora la Suprema Corte ha accolto il ricorso del cliente e rinviato la causa al Giudice di merito, per nuovo giudizio.
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