28 giugno 2018

Società fallita. Responsabilità degli amministratori appena nominati

Autore: Paola Mauro
La responsabilità solidale ex art. 2392 cod. civ. per le conseguenze delle rilevate illegittimità contabili e di gestione della società non si estende agli amministratori che siano rimasti in carica per un periodo di tempo troppo breve, per potersi rendere conto della situazione e per poter così intervenire con utili strumenti correttivi.

È quanto ha precisato la Corte di Cassazione (Sez. VI civ., ord. n. 6998/2018), respingendo definitivamente la domanda di risarcimento proposta dal curatore fallimentare di una S.p.A., ai sensi dell'art. 146 L.F.
  • La curatela fallimentare, nel ricorso di legittimità, ha lamentato la violazione o falsa applicazione dell'art. 2392 Cod. civ., in relazione all'art. 1710 Cod. civ.

Secondo il ricorrente, la Corte di merito sarebbe incorsa in detta violazione, avendo escluso la responsabilità dell’intimato, già membro del Consiglio di amministrazione della società poi fallita, sulla base di elementi estranei alla previsione di legge, quali:
  • la particolare natura dei compiti a lui demandati nell'ambito del C.d.A. (direzione tecnica degli stabilimenti aziendali attivati e da attivare);
  • la brevità del periodo di vigenza in carica (71 giorni).

Ebbene, alla Suprema Corte il motivo di ricorso è apparso privo di fondamento.

Il Collegio di legittimità osserva che, invero, l'art. 2392 Cod. civ. «impone a tutti gli amministratori un dovere di vigilanza sul generale andamento della gestione che non viene meno nella ipotesi di attribuzioni proprie di uno o più amministratori, restando anche in tal caso a carico dei medesimi l'onere della prova di essersi diligentemente attivati per porre rimedio alle illegittimità rilevate» (v., ex multis, Cass. n. n.22911 del 11/11/2010).

Tuttavia, alla regola di porre a carico di tutti gli amministratori le conseguenze delle rilevate illegittimità contabili e di gestione della società è legittimo fare eccezione per quelli di loro che abbiano assunto l'incarico «da troppo breve tempo per poter ragionevolmente supporre che si fossero già resi conto della situazione e che fossero in grado d'intervenire con utili strumenti correttivi» (cfr. ex multis, Cass. n.3032 del 15/02/2005).

Alla stregua di tale ultimo rilievo, i Massimi giudici hanno deciso di respingere il ricorso del curatore.

La Corte di merito – rilevano gli Ermellini - non ha mancato, tra l'altro, di evidenziare come l’amministratore chiamato in causa, «avendo assunto la carica nel corso della assemblea straordinaria del 21 giugno 1993 – dopo che era stato approvato il bilancio dell'ultimo esercizio e deliberato l'aumento del capitale sociale con integrale eliminazione della perdita da esso emergente - e rassegnato le proprie dimissioni in data 1 settembre 1993, non avesse avuto modo, in quel breve tempo, di rendersi conto delle illegittimità contabili rilevate dalla espletata consulenza tecnica d'ufficio in quel bilancio, a lui non ascrivibile, tali da far ritenere il capitale sociale, in apparenza regolarmente ricostituito, in effetti perduto».

Il ricorso della curatela fallimentare, dunque, è stato rigettato dai Massimi giudici, con relativa condanna al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
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