Definizione di riciclaggio e norme di comportamento - La Fondazione studi dei consulenti del lavoro ha pubblicato ieri il parere n. 2 concernente chiarimenti circa l’approccio dei professionisti con le nuove disposizioni in merito alla normativa antiriciclaggio. Secondo quanto indicato dall’istituto di ricerca, dopo l’introduzione nell’ordinamento giuridico italiano del concetto di riciclaggio ai fini amministrativi, avvenuto tramite il decreto n. 231/2007, non solo è stata proposta una definizione differente del termine riciclaggio rispetto a quella correntemente utilizzata sul versante penale, ma sono state altresì prescritte “delle regole di comportamento che determinati soggetti devono adottare per prevenire il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo tramite il sistema finanziario ed economico”.
Il ruolo dei professionisti – I consulenti del lavoro, così come gli altri iscritti alle categorie professionali coinvolte, sono chiamati a collaborare affinché si possa in qualche modo evitare di incorrere nel reato prevenendolo. Nello specifico, la Fondazione studi sottolinea che “i soggetti indicati entrano così in un ruolo collaborativo con le autorità al fine di prevenire tale reato. La norma non è volta a punire il reato di riciclaggio in sé, che continuerà ad essere punibile sotto il profilo penale, ma la mancata collaborazione per la prevenzione di tale reato. È sostanzialmente richiesta la collaborazione a determinati soggetti, affinché adottino idonei e appropriati sistemi per verificare la clientela, nel rispetto della tutela della privacy”. Il consulente sarà sempre personalmente responsabile, eppure potrà avvalersi, nell’effettuare compiti esecutivi inerenti all'attività professionale, della collaborazione dei propri dipendenti. “Ne consegue che rientrano non solo l'elaborazione dei cedolini, ma anche tutte le attività annesse e connesse alla gestione del personale. E pertanto, per tutte le prestazioni tipiche dell'amministrazione del personale, non esistono obblighi in relazione all'adeguata verifica e registrazione della clientela”.
Gli obblighi e segnalazioni – Ma quali sono i nuovi obblighi posti a carico del consulente del lavoro? In questo caso il parere del centro studi di categoria chiarisce che accanto ai ‘vecchi’ adempimenti ai quali il professionista era tenuto, se ne pongono altri egualmente indispensabili. Nello specifico, “per le attività svolte da un consulente del lavoro oltre alla gestione e consulenza strettamente connessa e annessa al personale dipendente, che riguardino ad esempio consulenze su contratti di compravendita, societarie, tributarie, gestione della contabilità nasce l'obbligo di identificare il cliente e procedere all'adeguata verifica”. Tuttavia, in aggiunta ai nuovi obblighi vi sono anche comportamenti per i quali non vige alcuna imposizione. Infatti la Fondazione studi dei consulenti del lavoro sottolinea che “non esiste l'obbligo di segnalazione quando al professionista è richiesta una prestazione legata all'esame della posizione giuridica del cliente o per l'espletamento della difesa dello stesso, includendo anche la consulenza sull'eventualità di intentare o evitare il procedimento”. Si tratta, a giudizio dei ricercatori di categoria, di un’esclusione che si limita alla segnalazione, nel senso che “se al consulente del lavoro è richiesta una prestazione di difesa in un processo tributario, ad esempio, non sarà esentato dall'identificazione e dalla verifica adeguata del cliente, ma semplicemente, qualora scoprisse in tale sede un investimento di denaro di provenienza illecita, potrà evitare la segnalazione”.
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