In relazione alla decorrenza dell’azione disciplinare e della correlazione di quest’ultima con l’attivazione o meno del procedimento penale, il principio applicabile in linea generale è quello secondo cui, quando il procedimento disciplinare abbia luogo per fatti costituenti anche reato per i quali sia stata iniziata l’azione penale, l’azione disciplinare, collegata al fatto storico di una pronuncia penale che non sia di proscioglimento perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non lo ha commesso, ha come oggetto lo stesso fatto da cui deriva l’imputazione penale e, pertanto, la prescrizione decorre dal passaggio in giudicato della sentenza penale.
È quanto afferma il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) nel Pronto Ordini n. 66 del 18 gennaio 2024, il quale ha fornito chiarimenti a seguito di alcuni casi posti da un Ordine territoriale.
In particolare, al CNDCEC è pervenuto un quesito con cui si pongono due casi:
- con il primo caso proposto, s’indica un provvedimento penale (sentenza con applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 e 445 c.p.p.), divenuto irrevocabile in data 27.10.2019, emesso a carico di un iscritto all’albo. Il procedimento penale è stato attivato nell’arco dei cinque anni da quando il reato è stato commesso, mentre, non è stato aperto il procedimento disciplinare. Pertanto, l’Ordine territoriale chiede al Consiglio Nazionale se l’azione disciplinare si sia prescritta in quanto sono trascorsi più di cinque anni da quando il fatto è stato commesso, ovvero se possa ancora essere esercitata in quanto la sentenza di condanna è divenuta definitiva in data 27.10.2019;
- con il secondo caso proposto, s’indica un procedimento penale pendente a carico di un iscritto per il quale il Consiglio di Disciplina territoriale ha attivato il procedimento disciplinare in data 14.06.2021 e, in pari data, ha sospeso l’azione disciplinare in attesa della definizione dell’azione giudiziaria. Sul punto, l’Ordine territoriale, posto che nel caso de quo sia il processo penale che l’azione disciplinare sono stati entrambi attivati decorso il termine di cinque anni da quando il fatto è stato commesso, chiede al CNDCEC se ne derivi il compimento della prescrizione quinquennale dell’azione disciplinare e, in caso di risposta affermativa, nel caso di condanna in via definitiva dell’iscritto, se il Consiglio direttivo possa contestare all’interessato il venir meno di uno dei requisiti previsti dall’articolo 36 del D. Lgs. n. 139/2005 per l’ottenimento dell’iscrizione: essere di condotta irreprensibile.
Il parere del CNDCEC – Preliminarmente, il Consiglio Nazionale ricorda che, l’articolo 56 del D. Lgs. n. 139/2005 e l’articolo 20, comma 1, del Regolamento per l’esercizio della funzione disciplinare territoriale (approvato dal Consiglio Nazionale nella seduta del 18-19 marzo 2015), dispongono che “l’azione disciplinare si prescrive in cinque anni dal compimento dell’evento che può dar luogo all’apertura del procedimento disciplinare”.
Il suddetto articolo 20 del Regolamento, inoltre, al 3° comma, stabilisce che “se il procedimento disciplinare ha luogo per fatti costituenti anche reato per i quali sia iniziata l’azione penale, il termine di prescrizione dell’azione disciplinare comincia a decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza penale”.
Dopo aver riepilogato il disposto dalle norme summenzionate, il Consiglio Nazionale richiama quanto pronunciato in merito, più volte, dalla Corte di Cassazione, con due orientamenti differenti:
- uno propende per la compiuta prescrizione nel caso in cui, nell’arco dei cinque anni, non sia iniziata né l’azione penale, né l’azione disciplinare, come recentemente ribadito nell’ambito della sentenza della Corte di Cassazione, Sez. Unite, n. 28386/2020, pubblicata il 14-12-2020;
- un altro, sostenuto dalla sentenza della Corte di Cassazione, Sez. Unite, n. 1609/2020 del 24.01.2020, già citata nella risposta al P.O. n. 141/2022, in base al quale, nel caso in cui il fatto costituisca reato, la prescrizione comincia comunque a decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna.
In considerazione di tutto quanto sopra richiamato, il CNDCEC ribadisce e conferma quanto rappresentato nella risposta al P.O. n. 141/2022, il quale enuclea il principio applicabile in linea generale secondo cui: quando il procedimento disciplinare abbia luogo per fatti costituenti anche reato per i quali sia stata iniziata l’azione penale, l’azione disciplinare, collegata al fatto storico di una pronuncia penale che non sia di proscioglimento perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non lo ha commesso, ha come oggetto lo stesso fatto da cui deriva l’imputazione penale e, pertanto, la prescrizione decorre dal passaggio in giudicato della sentenza penale.
Lo stesso CNDCEC, quindi, con riferimento al primo caso proposto dall’Ordine territoriale, atteso che l’azione penale è iniziata nell’arco dei cinque anni da quando il reato è stato commesso, osserva che l’azione disciplinare non può dirsi prescritta, posto che, nel caso di specie, non sono decorsi ancora cinque anni dalla data d’irrevocabilità della sentenza dalla quale è stato attinto l’iscritto.
In relazione al secondo caso citato nel quesito in commento, considerando che non risulta una giurisprudenza consolidata ed univoca sul punto, il CNDCEC ritiene che, se da un lato sembrerebbe più cauto evitare di esercitare l’azione disciplinare laddove il termine prescrizionale dell’illecito disciplinare sia già interamente decorso al momento dell’esercizio dell’azione penale, il Consiglio di Disciplina, nell’ambito della propria autonomia decisionale, in presenza di reati particolarmente gravi commessi dall’iscritto, per il quale il medesimo sia stato condannato in via definitiva, potrebbe comunque valutare d’esercitare l’azione disciplinare, considerando applicabile l’orientamento della Corte di Cassazione in base al quale il termine prescrizionale decorre dal passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna.
Infine, in merito all’ultima domanda posta, ovvero se il Consiglio direttivo, in caso di prescrizione dell’azione disciplinare, possa contestare all’interessato il venir meno di uno dei requisiti previsti dall’articolo 36 del D. Lgs. n. 139/2005 per l’ottenimento dell’iscrizione (condotta irreprensibile in caso di condanna definitiva dell’iscritto), il CNDCEC effettua alcune precisazioni: durante l’iscrizione all’Albo, il controllo della condotta irreprensibile dev’essere effettuata nell’ambito di un procedimento disciplinare di competenza esclusiva dei Consigli di Disciplina (D.P.R. n. 137/2012).
Il Consiglio dell’Ordine, a cui compete la verifica dei requisiti, dovrà comunicare al Consiglio di Disciplina le notizie disciplinarmente rilevanti acquisite all’esito della suddetta verifica, ai fini degli adempimenti di competenza dell’organo disciplinare territoriale.