"La crisi nelle società pubbliche, tra TUSP e CCII”, è il titolo del primo documento elaborato e pubblicato ieri dall’Osservatorio Enti pubblici e Società partecipate della Presidenza del Consiglio Nazionale dei Commercialisti con il coordinamento scientifico del dott. Davide Di Russo.
Il documento, di fatto, inaugura l’attività del sopra citato Osservatorio, istituito nel marzo 2023 come Ufficio di diretta collaborazione della Presidenza del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC).
L’Osservatorio, è nato dalla volontà di creare un luogo d’incontro, di studio e di confronto tra autorevoli esperti provenienti dalle istituzioni e dal mondo professionale ed accademico, che si occupano in particolare di enti pubblici, puntando così a realizzare documenti a supporto di coloro che svolgono attività di amministrazione, controllo e consulenza nelle amministrazioni pubbliche e nelle società da queste partecipate.
Alla stesura di questo primo documento, hanno partecipato autorevolissimi esperti di varia estrazione (Ministeri, Magistratura ordinaria, amministrativa e contabile, Università, ABI, ANCI, IFEL, Utilitalia, Unioncamere). Il lavoro offre una lettura coordinata delle previsioni che il D. Lgs. n. 175/2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica - TUSP) detta in materia di crisi con quelle della disciplina generale oggi rinvenibile nel D. Lgs. n. 14/2019 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza - CCII), mirando a ricostruire un quadro comune.
Constatato, infatti, il rapporto di specie a genere che lega Testo unico e Codice della crisi ed assodato, di conseguenza, che gli elementi non disciplinati dal primo devono essere ricavati dal secondo, si perviene – estendendo alle società del Testo unico la nozione di crisi oggi definita dall’articolo 2, comma 1, lett. a) del D. Lgs. n. 14/2019 – alla conclusione per cui nelle società a controllo pubblico (destinatarie della disciplina speciale di cui agli articoli 6, comma 2 e 14, comma 2 e ss. del Testo unico) il Programma di valutazione del rischio di crisi aziendale è suscettibile d’integrare quell’assetto adeguato che oggi l’articolo 2086 Codice Civile richiede per tutte le società.
Struttura del documento -Dopo una premessa in cui viene riepilogata la normativa di riferimento, ovvero alcune delle norme previste dal TUSP e dal CCII, il documento si sofferma proprio sul rapporto di specie a genere tra questi ultimi.
Successivamente, il lavoro dei commercialisti esamina i concetti di «crisi» e di «rischio di crisi»: i riferimenti ricavabili dal CCII e le ripercussioni sul sistema del TUSP. A tal proposito si precisa che, le disposizioni speciali del TUSP in materia di crisi d’impresa, richiamate in premessa, non contengono una definizione di “crisi d’impresa” o “crisi aziendale” e neppure del relativo “rischio”, limitandosi a prevedere specifici obblighi in capo agli amministratori:
- di natura procedimentale (adozione di un apposito Programma), al fine di consentire l’adeguata valutazione della formazione di un “rischio di crisi” (articolo 6, comma 2), nonché d’intercettare l’“emersione di uno o più indicatori di crisi” (articolo 14, comma 2);
- di natura procedimentale e sostanziale, in presenza della “emersione di uno o più indicatori di crisi”, al fine di “prevenire l’aggravamento della crisi, correggerne gli effetti ed eliminarne le cause”, attraverso un idoneo piano di risanamento (articolo 14, comma 2), per il recupero dell’equilibrio economico (articolo 14, comma 4) e dell’equilibrio finanziario (articolo 14, comma 5).
Da tali norme, dunque, si ricava solo, peraltro in via indiretta, che la “crisi aziendale” è caratterizzata dalla presenza di un disequilibrio economico e finanziario (commi 4 e 5) e che la società a controllo pubblico deve adottare un meccanismo in grado di valutare il rischio di verificazione di tale disequilibrio (e quindi di coglierne anticipatamente il grado di probabilità).
Successivamente, ci si sofferma sulla rilevazione della crisi e la valutazione del relativo rischio, ovvero sul dovere di adottare assetti adeguati ex articolo 3, comma 2 del CCII, valido per tutte le società del TUSP. Ciò, in quanto, il rapporto di genere a specie tra CCII e TUSP – si evidenzia nel documento - incide anche sul piano degli strumenti funzionali alla tempestiva rilevazione della crisi (e del relativo rischio), nonché alla successiva individuazione ed attivazione delle misure volte alla composizione della crisi stessa (nonché a mitigare il rischio del suo verificarsi).
Altro rilevante approfondimento all’interno del documento in commento, è quello successivo, riguardante la “valutazione del rischio di crisi” nelle società a controllo pubblico, per poi passare alla gestione della crisi nel TUSP aderente al paradigma del CCII.
A seguire, un paragrafo è dedicato ai piani richiesti dal TUSP in risposta alla crisi, ossia alla tendenziale corrispondenza con i piani predisposti nel contesto degli strumenti di composizione della crisi di cui al CCII. Infatti, la riscontrata aderenza dei “provvedimenti necessari al fine di prevenire l’aggravamento della crisi, di correggerne gli effetti ed eliminarne le cause” con gli strumenti di composizione della crisi approntati dal CCII, è coerente con il fatto che, ai sensi dell’articolo 14, comma 2, del TUSP, i provvedimenti di risposta alla crisi debbano essere inquadrati in un “idoneo piano di risanamento”.
In chiusura, il documento si sofferma sui vincoli del TUSP ai piani per il risanamento anche nel conteso degli strumenti di composizione della crisi, per poi concludersi con ulteriori considerazioni sulle caratteristiche dei piani tra TUSP e CCII.