Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Legge 21 aprile 2023, n. 49 (Serie Generale n.104 del 05-05-2023) dal 20 maggio 2023 entreranno in vigore le disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali. Per alcuni rapporti professionali, ma non per tutti, aumenta la tutela economica del professionista nei confronti del proprio cliente.
La Legge si applica ai rapporti professionali aventi ad oggetto la prestazione d'opera intellettuale di cui all'articolo 2230 del codice civile, svolta anche in forma associata o societaria, nei confronti di imprese bancarie e assicurative, delle loro società controllate, delle loro mandatarie, delle imprese che nell'anno precedente al conferimento dell’incarico hanno occupato alle proprie dipendenze più di cinquanta lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro, nonché della pubblica amministrazione e delle società disciplinate dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al Decreto Legislativo 19 agosto 2016, n. 175. Escluse dalla tutela le prestazioni rese dai professionisti in favore di società veicolo di cartolarizzazione e quelle rese in favore degli agenti della riscossione.
Fulcro della normativa è l’introduzione di una specifica causa di nullità delle singole clausole contrattuali che non prevedono un compenso equo e proporzionato all'opera prestata, tenendo conto a tale fine anche dei costi sostenuti dal prestatore d’opera. Sono sicuramente tali le pattuizioni che impongono un compenso inferiore agli importi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o ai collegi professionali, fissati con decreto ministeriale, o ai parametri determinati con decreto del Ministro della giustizia ai sensi dell'articolo 13, comma 6, della Legge 31 dicembre 2012, n. 247, per la professione forense, o ai parametri che saranno fissati con il decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy da adottarsi a tal fine, per i professionisti di cui al comma 2 dell'articolo 1 della Legge 14 gennaio 2013, n. 4.
Sono da considerarsi nulle, inoltre, le pattuizioni che vietino al professionista di pretendere acconti nel corso della prestazione o che impongano l'anticipazione di spese o che, comunque, attribuiscano al committente vantaggi sproporzionati rispetto alla quantità e alla qualità del lavoro svolto o del servizio reso. Sono nulle, infine, le clausole e le pattuizioni, anche se contenute in documenti contrattuali distinti dall’incarico, che consistono in uno degli atti lesivi espressamente elencati all’articolo 3, comma 2, della Legge in commento (Es. consistente nella riserva al cliente della facoltà di modificare unilateralmente le condizioni del contratto, nell'attribuzione al cliente della facoltà di pretendere prestazioni aggiuntive che il professionista deve eseguire a titolo gratuito, nella previsione di termini di pagamento superiori a sessanta giorni dalla data di ricevimento da parte del cliente della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente).
L’aspetto fondamentale della Legge sull’equo compenso è che la nullità delle singole clausole non comporta la nullità del complessivo contratto, che rimane valido ed efficace per il resto del suo contenuto. Inoltre, la nullità opera solo a vantaggio del professionista ed è rilevabile d’ufficio.
Ogni qual volta il compenso concordato sia inferiore ai valori dei parametri di confronto, le rispettive clausole possono essere impugnate dal professionista innanzi al tribunale competente per il luogo ove egli ha la residenza o il domicilio, al fine di far valere la nullità della specifica pattuizione e la rideterminazione giudiziale del compenso per l’attività professionale prestata. Il giudice che accerta il carattere non equo del compenso pattuito ridetermina il compenso dovuto al professionista e condanna il cliente al pagamento della differenza tra l'equo compenso e quanto già versato al professionista. Il giudice, inoltre, può condannare il cliente al pagamento di un indennizzo in favore del professionista fino al doppio della differenza rilevata, fatto salvo il diritto al risarcimento dell'eventuale maggiore danno.
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