16 ottobre 2020

MEF e FNC concordi su prima nomina revisori

Le modifiche del termine di nomina di sindaci e revisori non consentono la cessazione anticipata di incarichi già conferiti

Autore: Mattia Gigliotti
Il documento di ricerca rilasciato nella giornata di ieri dalla Fondazione Nazionale dei Commercialisti “Sindaci e revisori legali: la nuova disciplina degli incarichi a seguito delle modifiche dell’art. 379 del codice della crisi” interviene per fare chiarezza in merito ai diffusi interrogativi che l’art. 51-bis introdotto dalla legge 17 luglio 2020 n. 77, di conversione del d.l. 19 maggio 2020, n. 34 (c.d. Decreto “Rilancio”), pone agli esperti e ai professionisti.

In particolare, l’art. 51-bis introdotto dalla legge 17 luglio 2020 n. 77, di conversione del d.l. 19 maggio 2020, n. 34 (c.d. Decreto “Rilancio”), ha previsto espressamente che: “Al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19 sulle attività d’impresa, all’articolo 379, comma 3, del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, le parole: «bilanci relativi all’esercizio 2019» fossero sostituite dalle seguenti: «bilanci relativi all’esercizio 2021»”. Questo ha conseguentemente prorogato il termine entro cui adempiere obbligatoriamente alla nomina all’esercizio 2022.

Ricordiamo che l’articolo 379 del codice della crisi d’impresa ha conosciuto una storia travagliata, infatti esso prevedeva inizialmente come termine inderogabile il 16 dicembre 2019, dopodiché il Decreto Milleproroghe lo ha modificato facendo slittare l’obbligo all’approvazione del bilancio relativo all’esercizio 2019, infine il Decreto Cura Italia, estendendo il termine per l’approvazione del bilancio a 180 giorni dalla fine dell’esercizio (in luogo dei 120 canonici) ha differito indirettamente l’obbligo di nomina. Per ultimo, a termine già scaduto è intervenuta una nuova modifica ad opera del già menzionato decreto Rilancio.

Ricordiamo che, ai sensi di quanto stabilito dall’articolo 2477 del codice civile nella sua formulazione attuale, l’obbligo di nomina dell’organo di controllo subentra quando una società:

a. è tenuta alla redazione del bilancio consolidato;
b. controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti;
c. ha superato per due esercizi consecutivi almeno uno dei seguenti limiti:


    1. totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 4 milioni di euro;
    2. ricavi delle vendite e delle prestazioni: 4 milioni di euro;
    3. dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 20 unità.

In aggiunta le S.r.l. hanno piena flessibilità nella gestione del sistema dei controlli, potendo:
  1. nominare un collegio a cui attribuire la funzione di controllo contabile e un revisore esterno;
  2. nominare un collegio a cui attribuire simultaneamente controllo contabile e revisione legale (in questo caso tuttavia tutti i sindaci devono essere anche revisori);
  3. nominare un sindaco unico e attribuire la funzione di revisione ad un revisore esterno;
  4. nominare un sindaco unico investito della funzione di controllo contabile e revisione (deve essere iscritto al registro dei revisori legali);
  5. nominare solo un revisore legale, persona fisica o società.

Il tema più rilevante riguarda indubbiamente la gestione degli incarichi già conferiti, ossia gli incarichi assegnati da quelle società che diligentemente, o entro dicembre 2019 o in sede di approvazione del bilancio dell’esercizio 2019, abbiano adempiuto all’obbligo di nomina.
Nel caso in cui una società abbia optato per il collegio sindacale, incaricato o meno della revisione legale, non esistono delle cause tipizzate di revoca per giusta causa, essendo il procedimento di revoca già sottoposto alla tutela del Tribunale, che deve confermare la revoca. Per cui una società non potrà revocare il collegio nominato per via del cambiamento delle disposizioni normative.

Diverso è il caso in cui la società abbia optato per un revisore (o una società) in luogo del collegio sindacale (o del sindaco). In questo caso, infatti, vengono previste delle cause tipiche di revoca per giusta causa dell’incarico tra cui figura la sopravvenuta insussistenza dell’obbligo di revisione legale per l’intervenuta carenza dei requisiti previsti dalla legge.

Ebbene, buona parte della dottrina ritiene che le società possano optare per la revoca anticipata dell’incarico in virtù della modifica dell’articolo 379 del codice della crisi d’impresa adoperata dal decreto Rilancio, che farebbe venir meno l’obbligo di legge. Tale tesi sarebbe ulteriormente supportata dal fatto che la revoca del revisore, a differenza di quella del sindaco, non è sottoposta al complesso iter che passa dal tribunale, essendo la decisione semplicemente rimessa ai soci con il parere dell’organo di controllo, laddove presente.

La ricostruzione proposta non convince appieno, così come non convince la tesi per cui le nuove previsioni di cui all’art. 51-bis del Decreto “Rilancio” possano implicare di per sé una circostanza da cui desumere l’intervenuta insussistenza dell’obbligo legale della revisione, come invece si sarebbe potuto sostenere se il legislatore avesse ulteriormente rimodulato i parametri dimensionali di cui all’art. 2477 c.c., ovvero se avesse individuato un termine inziale a partire dal quale venisse consentito nominare l’organo di controllo o il revisore legale.

La Fondazione Nazionale dei Commercialisti, in modo concorde rispetto alle dichiarazioni rilasciate dal Mef, ribadisce che la modifica dell’articolo 379 non comprende una decadenza dell’obbligo, quanto piuttosto conferisce più tempo alle imprese inadempienti nei termini. Inoltre, sottolinea come il limitato costo della revisione risulta irrisorio rispetto all’importante funzione di tutela e di salvaguardia che essa svolge per la società stessa, preparandola, tra le altre cose, all’avvento del nuovo sistema degli indici di allerta operativo nel 2021.
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