La presentazione di un’istanza di ricusazione nell’ambito del procedimento disciplinare nei confronti degli iscritti agli Albi dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha effetto sospensivo del procedimento? Se sì, tale effetto è automatico oppure richiede una deliberazione del Collegio giudicante?
A tali quesiti ha fornito risposta il C.N.D.C.E.C. attraverso il Pronto Ordini n. 12/2024.
Nel documento suddetto si legge che l’art. 6 del Regolamento per l’esercizio della funzione disciplinare territoriale del 18/19 marzo 2015 non prevede espressamente la sospensione del procedimento in caso di presentazione di un’istanza di ricusazione; né la situazione procedimentale determinata dall’istanza di ricusazione è oggetto dell’art. 21 del citato Regolamento, che riguarda specificamente la sospensione del procedimento in caso di giudizio pendente avanti l’Autorità Giudiziaria per i medesimi fatti oggetto dell’apertura del procedimento disciplinare.
Tuttavia, l’art. 49, comma 3, del D.lgs. n. 139 del 2005 prevede che, nel procedimento disciplinare, per quanto non disposto dal Regolamento sopra citato, «si applicano, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura civile». E l’art. 52, co. 3, di tale codice stabilisce che «la ricusazione sospende il processo».
La funzione di questa ultima norma è di evitare che, nelle more della decisione sull’istanza di ricusazione, venga svolta attività processuale che potrebbe rilevarsi inutile; esigenza che sussiste altresì nel procedimento disciplinare, sotto il profilo del buon andamento e dell’efficacia dell’azione amministrativa, di cui all’art. 97 Cost. e all’art. 1, L. n. 241 del 1990 (il procedimento disciplinare, pur seguendo le disposizioni del codice di procedura civile, ha natura amministrativa ai sensi dell’art. 29, lett. i], del D.lgs. n. 139/ 2005): va evitata l’eventualità che l’organo disciplinare, nelle more del giudizio di ricusazione, ponga in essere atti procedimentali che verrebbero invalidati da una pronuncia di accoglimento dell’istanza di ricusazione.
L’istituto della ricusazione – prosegue il P.O. 12/2024 - si è prestato, specie in passato, a un impiego strumentale e dilatorio ed istanze di ricusazione sono talora presentate col solo intento di allungare i tempi del procedimento.
Onde evitare un uso distorto dell’istituto della ricusazione, un consolidato orientamento giurisprudenziale afferma che «la sola proposizione del ricorso per ricusazione non determina “ipso iure” la sospensione del procedimento e la devoluzione della questione al giudice competente a decidere della questione stessa, in quanto spetta pur sempre al giudice “a quo” una sommaria delibazione della sua ammissibilità, all’esito della quale, ove risultino “ictu oculi” carenti i requisiti formali di legge per l’ammissibilità dell’istanza, il procedimento può continuare, giacché l’evidente inammissibilità della ricusazione, pur non potendo impedire la rimessione del ricorso al giudice competente, esclude l’automatismo dell’effetto sospensivo, in modo da contemperare le contrapposte esigenze, sottese all’istituto, di assicurare alle parti l’imparzialità del giudizio nella specifica controversia di cui trattasi e di impedire, nel contempo, l’uso distorto dell’istituto» (Cass. n. 1624/2022, tra le molte).
Con particolare riguardo alla sospensione di procedimenti disciplinari contro iscritti negli Albi professionali (nella specie, l’Albo degli Avvocati) realizzatasi in relazione alla presentazione di istanze di ricusazione, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sent. n. 461/2021) hanno affermato che «nel procedimento disciplinare a carico degli avvocati la proposizione dell'istanza di ricusazione se, per un verso, non sospende automaticamente il giudizio (atteso che l'esigenza di impedire un uso distorto dell'istituto impone di riconoscere al collegio investito della controversia il potere di delibarne "in limine" l'ammissibilità e di disporre la prosecuzione del procedimento ove ritenga, in forza di una valutazione sommaria, che della ricusazione manchino "ictu oculi" i requisiti formali), per altro verso obbliga lo stesso organo giudicante a trasmettere il fascicolo al collegio competente a decidere sul fondo della ricusazione, del quale non può far parte il soggetto avverso cui l'istanza è stata proposta, in ragione del principio generale della terzietà del giudice che, essendo stato elevato a garanzia costituzionale dall'art.111, comma 2, Cost., opera in ogni ambito giurisdizionale».
Posto quanto sopra, non è chiaro – precisa il C.N.D.C.E.C. - «se l’atto che afferma la sospensione per effetto della presentazione dell’istanza di ricusazione abbia natura dichiarativa di un effetto comunque prodottosi ex lege ovvero determini esso stesso la sospensione (Cass. civ., Sez. I, Ord., 25 maggio 2005, n. 11010 riferisce di un “provvedimento” di sospensione ex art. 52, c.p.c.) ma resta, in ogni caso, del tutto consigliabile fare della sospensione del procedimento disciplinare a seguito di istanza di ricusazione l’oggetto di una deliberazione del Collegio a meno che lo stesso non ne ravvisi la manifesta (“ictu oculi”) inammissibilità (in questo caso nessuna sospensione, come si è visto, si realizza, fermo restando l’invio degli atti all’organo competente e il potere-dovere di quest’ultimo di decidere l’istanza di ricusazione - il procedimento disciplinare può, si ritiene, nello more, della decisione di quell’organo, proseguire). Con la sospensione del procedimento si realizza anche la sospensione del decorso dei termini entro i quali concluderlo, ma ciò non accade per effetto dell’art. 21, cit. (che riguarda, come detto, il caso della sospensione deliberata in relazione alla identità tra fatto contestato e fatto oggetto di processo penale) ma per effetto del combinato disposto dell’art. 52, comma 3, c.p.c. (richiamato dalle disposizioni di cui sopra - art. 49, comma 3, cit., ecc.) e dell’art. 9, comma 5, secondo il quale il procedimento disciplinare deve essere concluso nei termini ivi indicati “salva sospensione” (dove l’effetto sospensivo, appunto, si determina non ex art. 21, Reg. cit., ma in base al combinato disposto degli artt. 9, comma 5, Reg. cit., 49, comma 3, D.lgs. n. 139 del 2005 e 52, comma 3, c.p.c.)».
Tirando le fila del discorso, è opportuno – a parere del C.N.D.C.E.C. - dare comunicazione all’incolpato della sospensione del decorso dei termini procedimentali, incidendo essa sul diritto alla difesa e sulla “potestas puniendi” dell’organo di disciplina. In altri termini, pare opportuno rendere nota all’incolpato la sospensione del procedimento disciplinare per effetto dell’istanza di ricusazione (non manifestamente inammissibile) con la precisazione che, nelle more della definizione della stessa, è sospeso anche il decorso dei termini per la conclusione del procedimento medesimo.
Infine il C.N.D.C.E.C. richiama l’attenzione sulla necessità che dopo l’istanza di ricusazione (non manifestamente inammissibile) e fino alla definizione della stessa non vengano posti in essere atti procedimentali, in quanto, a parte il rischio di invalidazione degli stessi, ciò contraddirebbe la sospensione del procedimento stesso.