9 dicembre 2021

STP-società semplice: la regola dell’unanimità dei consensi tutela il socio professionista

Nel P.O. n. 132 chiarita anche l’introduzione di deroghe alla suddetta regola

Autore: Pietro Mosella
Per un professionista iscritto all’Ordine che costituisce una società tra professionisti nella forma di società semplice, è preferibile non introdurre nei patti sociali clausole che disattivino la regola dell’unanimità dei consensi, risultando il socio professionista pienamente tutelato da tale regola generale. Qualora s’intenda introdurre nei patti sociali della suddetta STP una clausola che deroghi alla regola dell’unanimità, prevedendo la modificabilità del contratto sociale a maggioranza - computabile per teste - tale clausola dovrà accordare ai soci professionisti almeno i 2/3 dei voti nella decisione.

Ciò, si evince dal Pronto Ordini n. 132 del 22 novembre 2021, con il quale il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC), ha chiarito diversi aspetti relativi alla possibilità di costituire una società tra professionisti nella forma di società semplice per il professionista iscritto all’Ordine.

Il citato Pronto Ordini è stato generato da un quesito posto da un Ordine territoriale, il quale ha chiesto al Consiglio Nazionale se sia consentito ad un suo iscritto stipulare una Società tra Professionisti nella forma di società semplice, come previsto dall'articolo 10, commi 3-10, della Legge n. 183/2011, alle seguenti condizioni:
  • capitale sociale sottoscritto nelle seguenti proporzioni da:
    • un socio professionista, iscritto all’Albo dei Dottori commercialisti e degli esperti contabili, per il 10 per cento;
    • due soci non professionisti, complessivamente, per il 90 per cento;
  • nei patti sociali, prevedere la necessità del consenso dell'unico socio professionista per l'assunzione di qualsiasi decisione, in modo da limitare la capacità decisionale dei soci non professionisti e impedire loro di influire sulle scelte strategiche della società.

Il parere del CNDCEC– Anzitutto il Consiglio Nazionale ricorda quanto disposto dal citato articolo 10, comma 4, lett. b) della Legge n. 183/2011, ossia che «in ogni caso il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale dei professionisti deve essere tale da determinare la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci; il venir meno di tale condizione costituisce causa di scioglimento della società e il consiglio dell'ordine o collegio professionale presso il quale è iscritta la società procede alla cancellazione della stessa dall'albo, salvo che la società non abbia provveduto a ristabilire la prevalenza dei soci professionisti nel termine perentorio di sei mesi».

A tal proposito viene anche richiamata l’Informativa n. 69 dell’8 luglio 2019, con la quale il CNDCEC ha chiarito che, pur ammettendo che sia consentita la costituzione di una STP in cui le maggioranze dei 2/3 in termini di numero di soci professionisti e di partecipazione al capitale possano non necessariamente ricorrere cumulativamente, sarà comunque indispensabile, tramite patti parasociali e/o clausole statutarie in base agli strumenti offerti dal Codice Civile, limitare la capacità decisionale dei soci non professionisti, in modo tale da evitare che questi possano influire sulle scelte strategiche della STP e sullo svolgimento delle prestazioni professionali.

Tali ultime prerogative, infatti, devono sempre essere mantenute in capo ai soci professionisti ai quali va comunque garantita la maggioranza dei 2/3 nelle deliberazioni e/o decisioni societarie, in modo tale da riservare a costoro il controllo della società.

Il Consiglio Nazionale, visto che la STP adotterà il modello societario della società semplice e considerato che la Legge n. 183/2011 detta regole generali da adeguare ai modelli civilistici effettivamente utilizzati per l’esercizio dell’attività professionale, osserva che le previsioni contenute nell’articolo 10, comma 4, lett. b), dovranno necessariamente essere adeguate ai criteri individuati nella disciplina codicistica della società semplice, tramite accorgimenti contenuti nei patti sociali che limitino l’influenza dei soci non professionisti nell’assunzione delle decisioni e riservando ai soci professionisti un numero di voti almeno pari a 2/3 di quelli complessivi. La regola dei 2/3 è fissata per tutte le tipologie di decisioni e deliberazioni dei soci.

Per quanto attiene alle modifiche dei patti sociali di una società semplice, il CNDCEC ricorda che la regola codicistica ne impone l’adozione con il consenso di tutti i soci, se non diversamente stabilito (articolo 2252 c.c.).

Rimanendo nella prospettiva della Legge n. 183/2011 e coordinando tra le previsioni normative recate dal citato articolo 10, comma 4, lett. b) e quelle dell’articolo 2252 del c.c., secondo il Consiglio Nazionale, qualora s’intenda introdurre nei patti sociali di una STP che abbia adottato il modello della società semplice una clausola che deroghi alla regola dell’unanimità, prevedendo la modificabilità del contratto sociale a maggioranza (computabile per teste), tale clausola dovrà accordare ai soci professionisti almeno i 2/3 dei voti nella decisione.

Per il CNDCEC, comunque, considerando anche l’opinione ricorrente della dottrina, è preferibile optare per la non introduzione nei patti sociali di clausole che disattivino la regola dell’unanimità dei consensi, risultando il socio professionista al quale il quesito si riferisce, pienamente tutelato da tale regola generale.

In riferimento, infine, ai casi in cui la legge consente ai soci di società semplice di assumere decisioni a maggioranza, determinata secondo la parte attribuita negli utili, ovvero per teste (nell’ipotesi di cui all’articolo 2286 del c.c.), in virtù dell’esigenza di coordinamento con la disciplina prevista nella Legge n. 183/2011, per il Consiglio Nazionale è necessario che i patti sociali della STP prevedano una clausola che, anche in occasione dell’assunzione di tali decisioni, riconosca ai soci professionisti almeno i 2/3 dei voti. Ciò, nel caso di specie, induce a ritenere consentita la possibilità prospettata dal richiedente.
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