19 settembre 2013

AUMENTO IVA: ALTRO BLUFF

A cura di Antonio Gigliotti

Cari amici e colleghi,
la visita di Olli Rehn sul suolo italiano ha sortito effetti che, per un certo verso, temevamo da mesi. Il vicepresidente della Commissione europea ha spinto il nostro governo, tra le altre cose, a lavorare al fine di ridurre il costo del lavoro. E la squadra esecutiva guidata da Enrico Letta ha colto al balzo l’esortazione comunitaria, assottigliando sempre di più il tempo che ci distanza dal prossimo aumento Iva, che sarà quindi più che certo. Dunque, nonostante nel discorso di fiducia al governo pronunciato qualche mese fa da Letta si faceva espressamente riferimento a un impegno ad evitare la maggiorazione Iva, l’esecutivo sembra esser giunto a un punto di non ritorno. Sarebbero infatti intercorsi accordi tra la Commissione europea, il nostro Ministero economico, guidato da Fabrizio Saccomanni, e il presidente del Consiglio, che andrebbero a impedire un’ulteriore sospensione del previsto aumento.

A cosa servirà la maggiorazione di un punto (forse due?) dell’aliquota ordinaria Iva? Ebbene, col passaggio di quest’ultima dal 21% al 22% (o 23%?) si potranno acquisire quelle coperture necessarie ad allentare la morsa impositiva sui costi del lavoro. In altri termini questi verranno ridotti. L’intento è quello di dar respiro a imprese e lavoratori, snellendo dal punto di vista economico oneri che sono diventati ormai troppo pesanti. Un’iniziativa efficiente e pienamente condivisibile, se non derivasse da un aumento d’imposta che potrebbe produrre un’inibizione dei consumi. Infatti, se da un lato i contribuenti si ritroveranno in busta paga qualcosa in più rispetto al passato, dall’altro dovranno fare i conti con un carrello della spesa dai costi sempre più proibitivi. Il calo dei consumi genererà quindi meno domanda, implicando un drastico taglio anche della produzione. Insomma, siamo al cospetto di un cane che si morde la coda. Riusciremo mai a venir fuori da questo labirinto di interventi che cozzano l’uno contro l’altro?

La scelta di proseguire lungo la strada dell’aumento, già tracciata nei mesi scorsi prima della sospensione trimestrale, risponde, secondo il governo, al dovere di far fronte agli impegni presi in sede europea. Il nostro Paese deve mantenere il deficit entro la soglia del 3% del Pil e, allo stesso tempo, dovrà contrarre le esose tasse sul lavoro. Queste sono le priorità che impediranno un’ulteriore sospensione dell’aumento Iva, se non ne causeranno addirittura una maggiorazione di due punti invece che di uno.

Pertanto, mi ritrovo ancora una volta a chiedermi se sia stato davvero utile sopprimere la prima rata Imu sull’abitazione principale, nonché accingersi ad eliminare anche la seconda attraverso la prossima legge di stabilità. In tutta franchezza, alla luce di un simile scenario, comprendo che l’importanza data all’imposta sugli immobili sia stata eccessiva, anzi direi proprio che si sia trattato di un allarme spropositato se per coprirla saremo costretti ad assistere all’introduzione di una nuova tassa, ancora più pesante: la service tax. Si toglie un’imposta per sostituirla con un’altra, di mole ben più massiccia, ma con un nome che incute meno timore, magari anche mascherato dalla lingua straniera, che rende più semplice il concetto.

La realtà è che siamo davanti alla solita farsa. Dobbiamo pagare per una crisi che non abbiamo contribuito a generare e che invece ci sta sotterrando tutti, complice anche l’inadeguatezza di chi è chiamato a traghettare il Paese fuori dall’impasse.

Vi ricordate come, poco più di due anni fa, l’Islanda ha affrontato il problema della crisi? Non di certo martoriando i propri cittadini/contribuenti, bensì andando a cercare i veri responsabili e chiudendoli dietro le sbarre. In sintesi, alla fine del 2008 erano crollate le principali banche del Paese (Kaupthing, Landsbanki e Glitnir), gettando l’Islanda nella più profonda crisi economica e finanziaria, mentre i dirigenti e i proprietari degli istituti erano andati all’estero senza grossi grattacapi. Dopo più di un anno e mezzo però giustizia è stata fatta, nel senso che la polizia si è data da fare arrestando alcuni dei principali banchieri e lasciando i proprietari e gli ex dirigenti ad affrontare azioni legali per due miliardi di dollari.

In Italia, invece, negli ultimi anni la palla rimbalza da una parte all’altra, senza mai fermarsi in maniera stabile, con decisioni certe e davvero risolutive. Infatti, se la farsa della soppressione Imu ha generato i vari aumenti delle addizionali comunali Irpef per il 2013 e la service tax per il 2014, la riduzione del costo del lavoro sarà la principale causa che determinerà l’aumento dell’aliquota ordinaria Iva dal 21% al 22% (o 23%) . Si tratterà quindi dell’ennesima reazione a catena che porterà i contribuenti ad essere risucchiati da sempre più vessanti richieste erariali. Intanto il Paese rimarrà fermo, senza possibilità di procedere verso la ripresa e con il costante timore di essere inghiottito dalle profonde acque della recessione.

Lo scrittore statunitense Edward Abbey scriveva che “un patriota deve essere sempre pronto a difendere il proprio Paese contro il suo governo”. Alla luce di quanto avvenuto nello scenario nazionale nel corso degli ultimi due anni e nei mesi recenti, più nello specifico, ciascuno di noi è chiamato ad essere patriota, pretendendo difese per un Paese pieno di potenzialità che non possono essere abbandonate al declino.
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