9 gennaio 2013

Caro Befera…

A cura di Antonio Gigliotti

Cari amici e colleghi, qualche giorno fa mi sono imbattuto in un interessante articolo, sul Corriere della Sera, a firma di Piero Ostellino. L’autore, con un’acuta analisi e qualche velo di ironia, smontava il nuovo Redditometro elaborato e strenuamente promosso dalla squadra del direttore delle Entrate, Attilio Befera.

L’analisi pungente ripercorreva critiche analoghe a quelle mosse su queste pagine dal sottoscritto nell’editoriale di ieri.

Ciò che più ha provocato il mio turbamento è stata la stizzita risposta diffusa ieri sul Corriere della Sera a firma dello stesso direttore Befera, con un’accurata e dettagliata lettera indirizzata al direttore del giornale, Ferruccio de Bortoli.

E da questo episodio non posso che, ahimè, mettere in luce due aspetti degni di nota.

La prima riflessione riguarda amaramente la nostra categoria. Leggendo le condivisibili affermazioni di Ostellino ho provato una sincera invidia pensando che nessuno di noi “tecnici”, appartenenti a un Ordine che fa del fisco il proprio pane quotidiano, si è espresso a chiare lettere ed a gran voce, sulla materia(che dovrebbe essere nostra). Avrei preferito che fosse stato un collega commercialista, magari rappresentante della categoria, ad avanzare simili critiche, considerando che le problematiche che verranno a galla dal Redditometro saranno molte. Questo ennesimo appuntamento mancato è un ulteriore sintomo di quella scarsa credibilità e poca considerazione, che si nutre verso l’intera categoria.

Il secondo punto si focalizza invece sui contenuti della lettera di Befera. La sua difesa del nuovo strumento si fonda su delle inesattezze, che come tecnici non possiamo accettare. Ebbene, si voleva raggiungere una maggiore precisione allontanandosi dagli studi di settore, però il nuovo strumento sembra abbastanza somigliante a quei sistemi di calcolo, tant’è che nel gergo è definito alla stregua di uno studio di settore per famiglie. Per non parlare poi dei “presunti” dati certi, vantati dal direttore Befera nella sua replica ad Ostellino. Che invece non lo sono affatto! Il nuovo strumento prevede un utilizzo “combinato” di spese “figurative” con spese effettivamente sostenute così come risultanti negli archivi dell’anagrafe tributaria, applicando poi il maggior valore tra le due. Il punto è che dimostrare una spesa sostenuta è poco conto, sono sufficienti scontrini e fatture. Ma come si fa a dimostrare una spesa non sostenuta?

Poi è abbastanza realistico presumere che verrà adottata un’“eccessiva discrezionalità” in alcune delle voci che saranno usate per dimostrare la non congruità tra i redditi dei contribuenti e le loro spese. In realtà la spesa media del paniere calcolato dall’Istat e la possibilità di ricorrere ad analisi e studi socio-economici di settore, sono certamente degli elementi discrezionali che non possono essere gestiti o controllati dal contribuente. Il risultato è che a seguito di ciò si rischia seriamente di non potersi difendere. Ma facciamo, a questo punto, un breve esempio: per un lavoratore dipendente la stima media settimanale della spesa per il pasto è 40 euro, ma se questo deciderà di portare il pranzo da casa come farà a dimostrarlo al Fisco? Caro direttore Befera, in questo caso quali sarebbero gli elementi incontestabili a cui far riferimento?

E per concludere, avendo presente che il nuovo strumento lo si applicherà sin dal 2009, ed oggi siamo al 2013, mi chiedo e Le chiedo caro Direttore, come potrà difendersi lo stesso contribuente dopo tre anni? Se nel 2009 non sapeva ancora che in futuro gli sarebbero servite delle pezze giustificative, in che modo dovrà regolarsi?

A questo punto temo davvero che siamo ormai verso una deriva presuntiva. In aggiunta a ciò, se si pensa che la difesa dovrà basarsi sulla dimostrazione delle spese effettive, immagino uno scenario nel quale la vita del contribuente sarà seriamente minata da complicazioni burocratiche e di abitudini. Infatti ciascuno di noi dovrà aver cura di non perdere scontrini e fatture, tenendo orwellianamente presente che il Fisco “ci guarda”!
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