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Commercialisti… destinati a soffrire..in silenzio!

A cura di Antonio Gigliotti

Cari amici e colleghi,
la vita per noi poveri commercialisti diventa di giorno in giorno più dura, persi senza guida nel marasma di questo Paese. Sono questi dei giorni senza respiro negli studi, in preda al caldo e alle scartoffie da sistemare, con il fiato dei clienti e quello del Fisco sul collo.

Ebbene, il caso che ha destato in me nuova indignazione riguarda la recente notizia circa il riconoscimento del diritto allo sciopero per i cdl. Un giusto riconoscimento, direi. Tutti noi sappiamo che tra i tanti diritti riconosciuti dalla Carta costituzionale del nostro Paese alberga, all’articolo 40, il diritto allo sciopero. I Padri della Costituzione scrissero infatti che “il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano”. E questo dovrebbe esser valido per ciascun lavoratore che si alza la mattina e non si vede tutelato dal contesto nel quale svolge la propria professione. Un passo in avanti, per quel che concerne le categorie professionali, è stato quindi compiuto con l’approvazione del codice di autoregolamentazione dei cdl da parte della Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali.

Ben venga quindi questa ulteriore tutela a una gloriosa categoria come quella guidata da Marina Calderone, che si è certamente meritata siffatto traguardo. Nel codice si legge inoltre che “l'astensione può riguardare tutte le attività obbligatorie dei consulenti del lavoro”, fatta quindi eccezione per attività quali la presentazione delle dichiarazioni annuali circa la gestione del rapporto di lavoro, l'elaborazione e l'invio delle denunce contributive mensili, la compilazione del libro unico del lavoro mensile e le comunicazioni di assunzione. Insomma, fatti questi debiti distinguo, quel che ne vien fuori è che il consulente del lavoro può scioperare.

E il commercialista? Ma stiamo scherzando? Che domande! Il commercialista non può scioperare. Il commercialista appartiene a una categoria alla quale non vengono riconosciuti diritti e che attualmente lavora a gratis come segreteria dell’Amministrazione Fiscale. Quindi è chiaro che per noi lo sciopero è solo un miraggio. Non ci rimane che gioire per i nostri colleghi professionisti del campo della consulenza, ma tra le schiere della categoria continuiamo a essere atterriti per questi costanti soprusi. È dallo scorso 15 maggio che sappiamo che per noi la strada al diritto allo sciopero è sbarrata. In quella data infatti il coordinamento unitario che aveva presentato il codice di autoregolamentazione delle astensioni collettive ricevette, alla stregua di una risposta dall’autorità di vigilanza competente per la categoria, un insieme di osservazioni con le quali veniva spiegata la ragione per la quale il diritto non può essere riconosciuto.

Eppure, leggendo le motivazioni che hanno portato all’approvazione dei diritto in seno ai cdl, ritengo che le stesse possano tranquillamente essere applicate alla nostra amata categoria. In sostanza, la categoria dei cdl si ritrova con un nuovo strumento grazie al quale far valere le proprie richieste circa situazioni di stallo a livello burocratico. E, stando così le cose, perché a noi commercialisti questa possibilità è stata negata? Non siamo anche noi quotidianamente in contatto con circostanze difficili che tendono a paralizzare le attività dei contribuenti, siano essi aziende o singoli cittadini?

A quanto pare la percezione che si ha della nostra categoria non ha nulla a che vedere con la realtà. E di chi è la colpa? Di quei poveri colleghi che sgobbano nei propri studi da mattina a sera, alle prese con dichiarazioni dei redditi, F24, Tasi e studi di settore? Dei commercialisti onesti che vengono ingiustamente additati alla stregua di favoreggiatori dell’evasione e maghi dell’alta consulenza, quando in realtà l’unica preoccupazione che hanno è quella di far quadrare i conti? No, non credo che la responsabilità vada addebitata a questi soggetti che costituiscono la base di un’onesta categoria quale è appunto la nostra.

Ad essere responsabili, secondo me, sono invece , forse, i rappresentanti… quelli assenti e quelli che ci sono stati senza esserci davvero. Finora la governance è stata troppo distante dalla quotidianità degli iscritti, non ne conosceva i problemi perché non tutti i rappresentanti li avevano vissuti in prima persona. Ora, considerando che da qui a poco più di due settimana ci sarà una nuova tornata elettorale per il rinnovo dei vertici, ritengo doveroso avvisare candidati e aspiranti tali che non staremo più buoni a farci imboccare da gente che neanche ci conosce. Noi vogliamo essere rappresentati da soggetti in grado di rappresentare i commercialisti non solo per quel che concerne l’alta consulenza (che potremmo definire aria fritta), quanto anche (e soprattutto) in riferimento alle difficoltà che viviamo giorno dopo giorno nei nostri studi. Si dice che solo chi ha vissuto sulla propria pelle determinate avversità sia poi in grado di rendersene portavoce. Ecco, noi vogliamo questi rappresentanti! Di politicanti da strapazzo e professionisti da copertina non sappiamo più che farcene!

Anche perché poi i risultati di chi lavora per la categoria, come nel caso dei consulenti del lavoro, si vedono!

"Devo seguire la gente. Non sono forse il loro leader?", si chiedeva l’intellettuale britannico Benjamin Disraeli. Quesito, questo, che sarebbe auspicabile che si chiedano anche i nostri prossimi rappresentanti di categoria. Devono seguirci, devono sapere che cosa succede nei nostri studi. Devono accettare le nostre critiche e i nostri stimoli. Solo in questo modo potremo ritrovare il posto che ci spetta.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata

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