4 luglio 2011

Il pranzo è servito!

A cura di Antonio Gigliotti

Il pranzo è servito”, mitico quiz del grande Corrado, andato in onda negli anni 80 e 90 era, di fatto, un "controquiz" ironico e semplice a cui prendevano parte due concorrenti che si misuravano in varie domande. Lo scopo ultimo del gioco era di realizzare il "Pranzo", ossia completare un tabellone con le cinque portate tradizionali del pranzo italiano.
Il titolo del programma televisivo è l’espressione che ho preso in prestito per commentare la manovra economica correttiva 2011 ed i due disegni di legge delega sulle professioni e sulla riforma fiscale.

In merito alla manovra economica di 47 miliardi di euro, spalmata in tre anni e varata dal consiglio dei ministri giovedì 30 giugno, è tanto necessaria quanto deludente. D’altronde, nel momento in cui le singole posizione dei partiti che sostengono il governo sono distanti l'una dall'altra, e' difficile conciliare i loro interessi con quelli dei cittadini. Il risultato è il rinvio dei tagli agli sprechi, alle spese ed agli emolumenti dei parlamentari, alle pensioni d'oro. A data da destinarsi anche la riduzione dei parlamentari, l'abolizione degli enti inutili. Ecco invece approvato l'aumento dei ticket sanitari.

Ma è sul Ddl delega sulle professioni che rimango allibito, soprattutto nella parte in cui si prevede l’abrogazione dell’esame di stato per commercialisti e avvocati, nell’ottica di una presunta liberalizzazione.
Come prima cosa, mi chiedo, perché un intervento così strutturato? Improvvisato? Un disegno di legge scritto da chi non conosce la realtà delle professioni che hanno bisogno di ben altre innovazioni. La liberalizzazione e' uno specchietto per le allodole.

Altro provvedimento che mi ha fortemente turbato, vedendo ciò che accade quotidianamente quando assistiamo un nostro cliente in commissione tributaria, è la possibile esclusione dei professionisti dalle commissioni tributarie, unici conoscitori della materia quando si discute di materie economiche tributarie.
Ora, potremmo anche accettare una simile situazione se fosse inserita in un progetto di riforma del processo tributario che possa veramente gettare le fondamenta per la nascita di una magistratura tributaria professionale, che abbia una specifica formazione multidisciplinare giuridico-economica.
Ma invece non è assolutamente questa la situazione, in quanto siamo in assenza di un progetto rivolto in tale direzione, come d’altronde confermato dallo stesso Consiglio di presidenza della Giustizia Tributaria e dall’Associazione nazionale dei Magistrati Tributari.

Ebbene di fronte a simili atteggiamenti frutto di una politica senza obiettivi, senza un’adeguata capacità di capire le reali esigenze del paese e quindi senza un confronto nel caso di specie con le varie categoria professionali interessate, è giunto il momento di farsi ascoltare nelle sedi competenti, con decisione, come è giusto che sia, ma attenti a questo punto a ciò che ci dice Aristotele: “Chiunque può arrabbiarsi, questo è facile; ma arrabbiarsi con la persona giusta, e nel grado giusto, ed al momento giusto, e per lo scopo giusto, e nel modo giusto: questo non è nelle possibilità di chiunque e non è facile”.

Ed allora cari colleghi mi torna in mente un’altra famosa trasmissione di Corrado “La Corrida – dilettanti allo sbaraglio”. E in effetti sembra di essere proprio davanti a dei dilettanti. Mai come in questo momento, allontanando inutili, sterili e insignificanti polemiche su presunte differenze (che sento e vedo ancora) tra “dottori e ragionieri”, penso che sia giunto il momento, per tutti noi di far sentire il nostro dissenso per un simile stato di cose. E di farlo sotto un’unica veste. Forse è il caso che ciascuno di noi si assuma le proprie responsabilità, uscendo dal proprio orticello/studio e iniziando a stare più vicini agli ordini. Ognuno di noi deve fare la propria parte e non pensare che siano sempre gli altri a dover risolvere i problemi. Solo così possiamo, forse, ancora, salvare questa categoria a cui apparteniamo e di cui siamo orgogliosi e onorati ancora di appartenere, nonostante tutto.
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