Ernesto Maria Ruffini lascia l’Agenzia delle Entrate dopo sette anni. Con un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, Ruffini annuncia le proprie dimissioni: «Lascio l'Agenzia delle Entrate, è cambiato il clima, la lotta all'evasione sembra una colpa. Non era mai successo di vedere pubblici funzionari additati come estorsori di un "pizzo di Stato”».
Caro Ernesto, permettici la confidenza dopo tanti anni di confronto quotidiano sulle problematiche di carattere fiscale. È arrivato, tuttavia, il momento di tirare le somme. Nel tuo ruolo di Direttore dell’Agenzia delle Entrate non eri simpatico e il tuo profilo pubblico non ispirava certo umanità. Nel tuo operato ci sono più ombre che luci. Hai avuto certamente il pregio di rinnovare e ammodernare l’Agenzia delle Entrate, soprattutto dal punto di vista tecnologico. Di contro, hai perso l’occasione di migliorare il rapporto umano fra l’Agenzia che rappresentavi e i contribuenti, nonostante le tecnologie a disposizione, costruendo più muri che ponti. Hai costantemente ignorato il ruolo e le esigenze degli intermediari abilitati, mai visti come una risorsa e, per questo, costantemente osteggiati, senza reali canali preferenziali, senza la benché minima fiducia.
Con la grande famiglia degli operatori fiscali hai, tuttavia, una cosa in comune. Sei stato travolto dall’operazione “Concordato”, come noi dal punto di vista operativo, e hai pagato con la tua pelle il fallimento di una misura che, alla conta dei fatti, non ha riscontrato il successo preventivato dall’esecutivo. Hai combattuto contro i tuoi principi nel nome dell’Agenzia che rappresentavi, uscendo sconfitto.
Con le tue dimissioni è arrivato il momento di sotterrare l’ascia di guerra. Ma permettici un appunto. La lotta all’evasione fiscale, alla quale siamo stati chiamati da molti anni a concorrere con una sequela di servizi prestati a titolo gratuito, non è solo una questione di numeri. Un’Agenzia al passo con i tempi dovrebbe sfruttare le tecnologie informatiche per semplificare gli adempimenti e le relazioni, aprire le porte invece di chiuderle dietro una lunga lista di appuntamenti, favorire il colloquio invece di ingessarlo negli attuali limiti strutturali del Canale Civis, valorizzare il prezioso lavoro degli intermediari e, aspetto più importante, chiedere ad ogni livello ai propri funzionari di agire secondo onestà intellettuale, evitando di coltivare lunghi conflitti nell’esclusivo nome della ragione di Stato.
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