26 ottobre 2012

QUI NON SI FA CREDITO… VERGOGNATEVI!

A cura di Antonio Gigliotti

Sarà capitato a chiunque di entrare in uno di quei negozietti a conduzione familiare, per i quali le entrate giornaliere risultano essenziali fino all’ultimo centesimo onde evitare pericolose scivolate del bilancio domestico. Ebbene, in questi locali angusti, pieni di merce accatastata, dall’alimentare al detersivo, v’è una targhetta che non manca mai, sulla cassa, messa bene in mostra davanti agli occhi del cliente: QUI NON SI FA CREDITO!

QUI NON SI FA CREDITO! Parole che in quel contesto possono apparire anche giustificate, ma che oggi, da quanto vien fuori dai giornali, sembrano essere lo slogan del Fisco e del governo dei tecnici… E in questo caso non v’è alcuna plausibile giustificazione!!!

QUI NON SI FA CREDITO!
Lo hanno ribadito con il D.L. n. 174/12, emanato in sordina lo scorso 10 ottobre. Tra le altre cose, il testo, con la pretesa di porgere una mano alle popolazioni emiliane, venete e lombarde colpite dagli eventi sismici di maggio, ha stabilito il pagamento in un’unica tranche entro il 16 dicembre prossimo di tutti i contributi sospesi, oltreché di quelli correnti. In sostanza, se finora, a mo’ di sgravio tributario, la detrazione dei contributi in busta paga non era stata trattenuta, con il cedolino di novembre i lavoratori si ritroveranno al cospetto di un taglio che ridurrà drasticamente i rispettivi stipendi. Secondo quanto disposto dai tecnici della squadra esecutiva, il 16 dicembre, ossia dopo soli sei mesi dal terremoto, le buste paga erogate dovranno contenere le trattenute inerenti i contributi arretrati che erano stati sospesi e quelli relativi alle mensilità in corso, inoltre qualora la sospensione abbia riguardato anche le ritenute Irpef, queste dovranno essere detratte dal cedolino di competenza di novembre. Insomma, lo Stato non fa credito neanche innanzi alle calamità naturali e per Natale, come spiegano puntualmente i consulenti del lavoro, “un operaio metalmeccanico di 3° livello, appartenente al cratere, con retribuzione lorda di 1.388,24 euro, a seguito delle trattenute Inps correnti ed arretrate e trattenute Irpef arretrate, percepirà un netto di 502,94”. Se a ciò si aggiunge il fatto che molti di loro non hanno neanche una casa agibile nella quale trascorrere le festività dicembrine, mi sembra che l’operato dell’esecutivo anche in tale circostanza sia stato davvero poco attento alle reali esigenze di questi contribuenti.

Ma le cesoie che pioveranno tra novembre e dicembre sulle buste paga dei terremotati emiliani, lombardi e veneti hanno anche un doppio sapore amaro se si considera che ben differenti erano state le decisioni esecutive all’epoca del sisma dell’Aquila. Ora, trattando la materia con la dovuta delicatezza ed esulando da sterili polemiche, non si può certo nascondere che la situazione si presenta come il classico giudizio basato sul poco scientifico metodo del “due pesi, due misure”. Per il terremoto in Abruzzo, infatti, la sospensione ha avuto una durata massima di tre anni, alla fine della quale i lavoratori sono stati chiamati a effettuare il versamento del 40% delle trattenute avvalendosi di un sistema di rateizzazione strutturato in 120 tranche.

Ecco, la piega che ormai ha preso la questione ha dell’incredibile, come hanno giustamente sottolineato i consulenti del lavoro. Dal canto mio, sento di poter pienamente abbracciare un siffatto parere. E’ incredibile che una medesima sofferenza venga trattata seguendo differenti modalità. E’ incredibile che un italiano possa godere di diritti e aiuti in misura proporzionale al luogo geografico nel quale si trova a vivere e lavorare. E’ incredibile nel senso che, in un Paese attento alle esigenze dei propri cittadini-contribuenti, il verificarsi di determinate evenienze non può essere serenamente accettato, a meno che non si finisca con il ritrattare l’opinione che avevamo di quel Paese.

All’epoca del terremoto emiliano i media ci hanno bombardati in merito al fatto che l’evento sismico aveva colpito il cuore economico dell’Italia coinvolgendo una popolazione laboriosa, forte e capace di superare le avversità. Purtroppo però, ora, alla resa dei conti, tutti quegli encomi suonano come una fredda giustificazione al nulla di fatto che si è verificato nei mesi successimi.

Da cittadini esemplari, gli emiliani (così come i veneti e lombardi) sono diventati vittime sacrificali in nome di una crisi che è diventata ormai la giustificazione di qualsiasi scelta scellerata compiuta dal governo tecnico. E’ per tale ragione che la mia voce,come spero anche quella dei miei colleghi commercialisti, (non potendo contare sui nostri vertici distratti da altro) è chiamata a unirsi a quella dei consulenti del lavoro al fine di chiedere a chi di dovere una maggiore presenza e attenzione, che non abbia solo finalità scenica, ma che sia effettivamente e concretamente produttiva.

Chi mi conosce sa che non amo gli slogan e le parate, soprattutto se prodotti sulla pelle dei contribuenti. Appunto per questo rimango basito quando mi ritrovo costretto a rammentare le sfilate dei politici e dei vari rappresentanti di turno nei territori colpiti dal sisma, quelle strette di mano con la popolazione, gli occhi lucidi e le promesse accorate… Ricordi, questi, che stridono in maniera violenta con le recenti disposizioni, con il fatto che dobbiamo amaramente fare i conti con un Paese che gestisce eguali calamità avvalendosi di strumenti opposti all’insegna di quella che definirei “diseguaglianza contributiva”. Un Paese ha concesso ai terremotati (con riluttanza) un semestre… Arco di tempo nel quale quelle popolazioni avrebbero dovuto risollevarsi da sole, sostanzialmente abbandonate nonostante tutti quei pregi decantati da chi è stato poi fautore dell’abbandono.

Blaise Pascal dava della democrazia una definizione singolare, sostenendo che “non essendosi potuto fare in modo che quel che è giusto fosse forte, si è fatto in modo che quel che è forte fosse giusto”. Ma oggi non possiamo più accettarlo!! Perciò pretendiamo anche noi che chi di dovere faccia sentire la propria voce, perché non è mai troppo tardi per chiedere una giustizia realmente democratica.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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