12 dicembre 2011

Stavamo meglio quando stavamo peggio

A cura di Antonio Gigliotti

Il raffreddore è una malattia che, se curata dal medico, dura una settimana, e senza, sette giorni.

Fate presto, fate presto” è stata l’esclamazione che ha caratterizzato la formazione del nuovo Governo. Le istituzioni, l’andamento della Finanza italiana e non solo, chiedevano misure decise e soprattutto efficaci da subito. “Fate presto” è diventato addirittura il titolo in prima pagina del Sole 24 ore. Un segno non da poco.

L’esecutivo tecnico, proveniente per lo più da ambienti universitari e con un curriculum vitae invidiabile, ha messo d’accordo – almeno in apparenza – tutti. Tanto che Pdl e Pd si trovano ora ad essere maggioranza insieme.

Ma gli entusiasmi, in queste ore, hanno ceduto facilmente il passo alle polemiche. Il pacchetto di misure anticrisi ha interrotto la luna di miele con il Paese, la speranza che la crisi non fosse così insuperabile. E invece il provvedimento è un lungo elenco di sacrifici, spesso chiesto a fette di società già molto colpite dalle difficoltà economiche di questi anni.

Il decreto “Salva Italia” forse ci farà superare l’esame europeo, ma non migliorerà la quotidianità degli italiani. In fondo il governo è cambiato perché non si riusciva a prendere decisioni impopolari. Molto impopolari a giudicare da quanto contenuto nel decreto Salva-Italia.

E ciò solo per capire che siamo stanchi di cambiamenti di facciata quando poi si colpiscono sempre gli stessi punti deboli, quando si fanno le leggi che nessuno vuole. Ma andiamo al dunque. Vediamo in concreto di cosa si sta parlando, almeno dal punto di vista fiscale attraverso l’analisi di due provvedimenti.

Imposta per chi ha scudato - Ogni Stato dovrebbe avere nei confronti dei cittadini/contribuenti, una sorta di atteggiamento ispirato alla civiltà e soprattutto al rispetto degli impegni assunti. Un caso in cui tale principio viene meno, e cioè il mancato rispetto di quanto detto in precedenza, lo si vede nell’introduzione di una norma, nel decreto Monti, che stabilisce un’imposta dell’1,5% nelle attività di rimpatrio dei capitali scudati. A tal proposito, la legge all’epoca era stata abbastanza chiara nell’assicurare a tutti coloro che avessero rimpatriato delle somme, dietro pagamento di un’imposta, una sorta di perdono. E quindi una sorta di patto, tra contribuente irregolare e Stato, il contribuente riportava in Italia i capitali e lo Stato li assoggettava ad una tassazione in misura prestabilita. Il tutto si chiudeva qua. In realtà non si chiude assolutamente niente dal momento che lo Stato, rinnegando una propria legge, ritorna a tassare coloro che avevano pensato di fidarsi rispettando i patti contenuti in una legge. Il problema non riguarda l’imposizione, che è irrisoria (l’1,5%), ma piuttosto la problematica è di natura diversa: siamo di fronte ad uno Stato che rinnega se stesso e contribuisce ad alimentare il clima di sfiducia degli stessi italiani e di coloro che già facevano fatica ad investire in Italia e quindi a fidarsi di un sistema normativo oggi esistente, che domani potrebbe essere smentito e modificato, addirittura con effetti retroattivi. Aldilà degli aspetti sopra evidenziati, è da segnalare altresì quanto osservato dai tecnici di Montecitorio, secondo i quali l’imposta una tantum sui capitali scudati, potrebbe non trovare applicazione sul complesso dei capitali già emersi, in quanto il contribuente potrebbe avere investito in altre attività o potrebbe avere “spostato la sua posizione presso un altro intermediario”.

Regime contabile premiale dal 2013 - Sempre lo stesso decreto Monti, prevede a partire dal 2013, un nuovo regime contabile opzionale, onde favorire la trasparenza e promuovere l’emersione di base imponibile, nei confronti di quei contribuenti che inviano telematicamente all’Amministrazione Finanziaria i corrispettivi, le fatture emesse e ricevute e le risultanze degli acquisti e delle cessioni non soggette a fattura. A fronte di tali comportamenti vengono garantiti una serie di benefici in termini di semplificazione amministrativa, accelerazione di rimborsi e compensazioni di crediti Iva nonché di riduzione dei termini di accertamento fiscale. Il nuovo regime fra l’altro porterà alla predisposizione delle liquidazioni periodiche, della dichiarazione Iva, del modello 770 semplificato, del modello Cud, della dichiarazione dei redditi nonché degli altri adempimenti, (con la soppressione delle scritture contabili) direttamente da parte degli uffici delle Entrate, che diventerebbero una sorta di consulente fiscale del contribuente.

Ora alla luce anche delle esperienze passate (vedi contribuenti minimi, regime contabile che doveva essere gestito direttamente dal contribuente), mio chiedo e vi chiedo – tenendo conto delle potenzialità oggi esistenti negli uffici, carenti di tutto - come si può conciliare una simile disposizione?

Non sarebbe meglio dedicare le poche risorse esistenti, formate il più delle volte da funzionari e di impiegati, volenterosi e validi, nella lotta all’evasione, piuttosto che far diventare gli uffici una sorta di studio di consulenza? Ciò determinerebbe, fra l’altro, una sottrazione di ingenti risorse che come già sopra spiegavo potrebbero essere invece impiegate diversamente.

Ed allora mi chiedo – e vi chiedo – ma perché bisogna ancora una volta introdurre dei provvedimenti che sono solo fumo negli occhi e privi di una qualsiasi applicazione pratica?
Avevamo bisogno di simili provvedimenti?
E per introdurli c’era bisogno di tanti tecnici all’opera?

A voi la risposta…..
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