21 novembre 2012

VILE È UN FURTO LEGALIZZATO

A cura di Antonio Gigliotti

Grande plauso per esser riusciti a scongiurare l’allontanamento di commercialisti e revisori iscritti al Registro dalla presidenza dei Collegi dei Revisori degli enti locali di grandi dimensioni, ruolo che il governo aveva avventatamente affidato a un funzionario ministeriale. Non c’è che dire, dopo essersi lasciati sfuggire la gestione dell’istituto, aver difeso il posto di preminenza collegiale è stato davvero un bel colpo per i nostri rappresentanti.

Peccato però che a una vittoria proclamata, nell’ormai lunga sequela di atti mancati della nostra governance, fa sempre seguito un sconfitta celata, nascosta agli occhi di una base che ancora risulta amareggiata dal fatto di esser tenuta all’oscuro per quel che concerne le sorti del Consiglio nazionale. In che cosa consiste questa ulteriore defraudazione della quale è stata vittima inerme la nostra categoria? Dunque, si tratta del fatto che più di mille revisori sono stati fatti fuori dai nuovi collegi facenti capo alle Unioni di Comuni. È tale, in sostanza, la disposizione del decreto sugli enti locali che dopo aver incassato l’ok di Montecitorio si avvia placido e indisturbato verso la definitiva e insindacabile conversione in legge. Ma la nostra rappresentanza, deputata a difendere i nostri diritti, è troppo impegnata a festeggiare la pseudo-vittoria di cui sopra per accorgersi d’esser stata nuovamente beffata.

Lo scippo esecutivo non ha dovuto neanche agire in maniera velata, tutto è accaduto alla luce del sole… Forse per questo chi di dovere ne è rimasto accecato, incapace ancora una volta, di mettersi all’opera per difendere quella base che lo ha deputato a guida. Abbiamo ottenuto un magro guadagno da un lato, pagandolo però con enormi cessioni dall’altro. E sì, perché i problemi delineati da una siffatta situazione sono molteplici e colpiscono sia la categoria, nello specifico gli iscritti al Registro dei revisori, sia i neoiscritti, gravando quindi sul destino dei giovani professionisti.

Entrando nel merito, il decreto sugli enti locali, quindi poi anche la sua legge di conversione, stabilisce che nelle Unioni di Comuni debba esservi un collegio di tre membri che va a sostituire l’organo monocratico che sta tuttora operando sia nelle Unioni che negli enti locali di cui quelle sono comprensive. La prima questione che desta scompiglio nella categoria è quella inerente all’immediata operatività della norma, che prevede un repentino passaggio alle nuove forme collegiali costituite in base al sistema dell’estrazione dalle liste regionali. Per i revisori attualmente in carica non si attenderà neanche la fine del mandato, questi devono fare i bagagli e lasciare il posto al nuovo collegio. A tal proposito, leggevo recentemente che nel nostro Paese vi sono circa 370 Unioni costituite da ben 1.871 Comuni… Il che significherebbe che i colleghi che dovranno levare le tende superano il migliaio. Davvero una bella mossa governativa! Senza parlare poi della scarsa attenzione dimostrata dai nostri rappresentanti nazionali… E sì, perché a livello locale non s’è verificato questo totale silenzio, alcuni Ordini locali e sigle di categoria hanno sottolineato il problema tentando (a quanto pare invano!) di svegliare coloro che riscaldano i posti di comando.

E per concludere, c’è l’altro punto. Quello che ritengo essere maggiormente delicato, in quanto tocca da vicino i giovani professionisti e le loro (già esigue) possibilità di affermarsi all’interno della categoria. Secondo la riforma, i revisori al primo incarico possono svolgere la propria attività in maniera esclusiva presso Comuni fino a 5.000 abitanti, ossia quelli per i quali è altresì prevista la possibilità di riunirsi in Unioni. Se seguissero questa strada tutti i piccoli enti locali, nell’Italia delle Unioni comunali nessun giovanerevisore potrebbe più debuttare, poiché ogni possibilità d’accesso gli si precluderebbe… Ciò con buona pace di chi ha speso tre anni di pratica e di studio per coronare un sogno e per aprirsi una nuova strada all’interno della propria attività professionale.

Potrò anche apparirvi ripetitivo, cari lettori e colleghi, ma non viene anche a voi il dubbio che a dimenticarsi di noi e dei nostri diritti non sia stato solo il legislatore, ma anche e soprattutto chi avrebbe dovuto aprirgli gli occhi nel momento in cui queste norme sono state discusse… Vale a dire prima dell’approvazione!

Qui siamo davanti a un ennesimo furto, è ora si svegliarsi dal torpore!! Uno scippo nascosto dietro le coltri della legalità. Lo scrittore russo Tolstoj affermava che “un uomo che si appropria, come ladro o bandito, il lavoro di un altro, sa di far male; mentre quello che si appropria il lavoro altrui con mezzi ritenuti legittimi dalla società non riconosce il male della propria vita; invece questo onorevole cittadino è senza paragone moralmente peggiore del più vile bandito”. Non è forse vile negare la possibilità di lavorare a noi commercialisti, strappandoci un’attività che è nostra per formazione, competenze e diritto?
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