La Direttiva Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDD) introduce obblighi significativi per le imprese riguardo alla sostenibilità e alla responsabilità sociale lungo la catena del valore. Il suo obiettivo è di assicurare che le aziende adottino comportamenti responsabili in ambito ambientale e sui diritti umani, integrando il "dovere di diligenza" all'interno delle loro politiche e processi di gestione del rischio. Questo include l'implementazione di procedure di verifica e monitoraggio che coinvolgano anche i partner commerciali, diretti e indiretti.
Tra le principali responsabilità delle aziende imposte dalla CSDD vi è la creazione di un codice di condotta che descriva le norme e i principi a cui l'azienda e i suoi partner commerciali devono attenersi. Inoltre, è richiesto un sistema di segnalazione che consenta alle parti interessate di denunciare eventuali violazioni, garantendo al contempo protezione contro le ritorsioni. Le imprese sono chiamate a identificare gli impatti negativi sui diritti umani e sull'ambiente, come lavoro minorile e inquinamento, e sviluppare piani d'azione con tempistiche e obiettivi definiti.
Le misure adottate devono essere periodicamente monitorate e le aziende devono fornire una rendicontazione trasparente delle loro attività, in conformità con la CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) e i principi ESRS (European Sustainability Reporting Standards).
In caso di mancato rispetto della Direttiva, le aziende possono essere soggette a sanzioni severe, incluse multe che possono raggiungere fino al 5% del fatturato netto mondiale. Tuttavia, la conformità alla CSDD non è solo un obbligo ma anche un'opportunità: le piccole e medie imprese (PMI) che rispettano gli standard possono guadagnare un vantaggio competitivo rispetto a fornitori "low cost" con maggiori rischi reputazionali. Inoltre, le aziende che dimostrano un impegno verso la sostenibilità potrebbero attrarre investitori orientati a criteri ESG e talenti delle nuove generazioni.
Un aspetto fondamentale per il successo delle politiche di sostenibilità è il ruolo del revisore di sostenibilità. Secondo il D.Lgs. 39/2010, il revisore di sostenibilità deve essere specificamente abilitato e incaricato in modo separato rispetto alla revisione legale dei conti. L'introduzione del nuovo articolo 14-bis prevede che il revisore esprima una valutazione sulla conformità della rendicontazione non finanziaria, verificando che gli impatti ambientali e sociali, positivi e negativi, siano riportati in maniera accurata e trasparente.
Il revisore di sostenibilità può coincidere o meno con il revisore legale dell'azienda, ma in ogni caso la relazione di conformità deve essere firmata da un professionista dedicato. Le sue responsabilità includono la verifica dell'efficacia dei piani d'azione aziendali per la prevenzione e mitigazione degli impatti negativi, il monitoraggio continuo e la revisione periodica delle politiche aziendali in materia di sostenibilità.
Questo ruolo non è solo di verifica, ma anche di consulenza per garantire che le aziende implementino misure correttive adeguate, contribuendo a ridurre i rischi di sanzioni e a migliorare la reputazione dell'impresa nel lungo termine.
La Direttiva CSDD impone sfide complesse alle imprese, ma offre anche significative opportunità per quelle che scelgono di conformarsi. Il revisore di sostenibilità, con il suo incarico indipendente, diventa un attore chiave per assicurare trasparenza e conformità, rafforzando la fiducia di clienti, investitori e dipendenti. Con l'evoluzione delle normative, il ruolo del revisore si trasforma da semplice verifica contabile a garanzia della sostenibilità, elemento sempre più centrale per il successo aziendale nel futuro.
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