21 ottobre 2020

Il parziale rinvio del codice della crisi di impresa

Le discrasie informative ad alto rischio per i revisori

Autore: Francesca Gagliano
La nuova normativa in materia di crisi e insolvenza d’impresa prevede una gradualità di entrata in vigore. Il 16 marzo 2019 sono entrate in vigore le prime misure operative, come ad esempio:
  • l’istituzione di un albo di curatore, commissario giudiziale o liquidatore, nelle procedure previste nel codice della crisi e dell’insolvenza;
  • la modifica dell’articolo 2086 del codice civile sulla gestione dell’impresa per l’istituzione di un nuovo assetto organizzativo;
  • la modifica degli assetti organizzativi societari previsti dai relativi articoli del codice civile (2257, 2380-bis, 2409-novies, primo comma e 2475);
  • la modifica delle responsabilità degli amministratori (articoli 2476 e 2486 del codice civile);
  • la nomina degli organi di controllo, che va a modificare l’articolo 2477 del codice civile;
  • le nuove garanzie previste per gli acquirenti di immobili da costruire (modifica del d.lgs. 122/2005);
  • la competenza dei tribunali per i procedimenti di crisi o insolvenza delle imprese e le relative controversie.

Le altre misure previste dovevano entrare in vigore il 15 agosto 2020, ma a causa dell’emergenza COVID-19 sono state tutte prorogate. Con il D.L. 23/2020 il Governo italiano ha indicato “le misure decise a supporto delle imprese che si trovano in condizioni di difficoltà derivanti dalle misure di contenimento dell’emergenza epidemiologica” e ha prorogato l’entrata in vigore del nuovo codice di crisi d’impresa e dell’insolvenza al 1° settembre 2021.

Il decreto legge non modifica le norme che riguardano la disciplina transitoria: le procedure in corso e quelle pendenti fino al 1° settembre 2021 saranno regolate dalla normativa vigente.

Questa proroga è stata giustificata dal Governo sulla base delle seguenti considerazioni:
  • le procedure di allerta annunciate dal nuovo codice ipotizzano una funzionalità delle aziende in un contesto economico stabile, che il lockdown obbligatorio per l’epidemia del Coronavirus ha pesantemente messo in discussione;
  • alla base del codice c’è l’idea di recupero delle imprese e della continuità aziendale che viene minacciata in un momento di crisi degli investimenti, determinato dalla crisi epidemiologica;
  • la situazione di disequilibrio che si è creata a causa del lockdown rende poco compatibile l’applicazione di un nuovo assetto normativo e organizzativo, nel quale le aziende hanno bisogno di operare in stabilità.

L’applicazione, quindi, delle nuove norme in materia di crisi d’impresa dovranno essere operative in un periodo di maggiore stabilità, non compatibile con l’instabilità creatasi a causa dell’emergenza epidemiologica.

Attraverso il Decreto Liquidità, il legislatore ha differito al 1° settembre 2021 (da agosto 2020) l’entrata in vigore del Codice della Crisi di Impresa e dell’insolvenza (CCI) introdotto dal D.Lgs. n. 14/2019. L’obiettivo dell’articolo 5 del DL n. 23/2020 è di:
  • poter utilizzare uno strumento normativo appreso e sperimentato, qual è l’attuale legge fallimentare, per affrontare le conseguenze del Coronavirus sulle imprese;
  • porre in essere le “misure di allerta”, capaci di emergere anticipatamente l’insolvenza dell’impresa in una situazione di un quadro economico stabile.

La discrasia temporale data dal rinvio parziale rischia di creare un fraintendimento nei compiti degli amministratori e dei revisori.

Infatti, il Tribunale di Milano ha dato già attuazione al codice della crisi e dell’insolvenza, accertando la condanna per gli amministratori che non hanno dotato l’azienda di un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile.

Quindi l’obbligo degli amministratori non è quello di segnalare il superamento degli indici (che entreranno in vigore a settembre 2021) ma quello di dotare l’azienda di un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile.

Il Tribunale di Milano ha stabilito che i revisori devono presidiare i sintomi (e non gli indici) di crisi e che la revisione è mutata: il revisore diventa supervisore della continuità aziendale.
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