Il tema della prescrizione dell'azione di risarcimento nei confronti del revisore contabile, disciplinato dal decreto legislativo n. 39 del 2010, si presenta come un nodo cruciale nel diritto societario italiano. Secondo l'articolo 15 di tale decreto, l'azione di risarcimento si prescrive nel termine di cinque anni dalla data della relazione di revisione sul bilancio d'esercizio o consolidato, senza alcuna possibilità di sospensione dei termini prevista.
L'orientamento giurisprudenziale e dottrinale evidenzia che, per determinare il momento di inizio della prescrizione, è fondamentale valutare se l'illecito civile possa essere astrattamente ricondotto a una fattispecie di reato. Tale valutazione non dipende dall'esito di un procedimento penale, e non è equivalente a una sentenza di assoluzione con formula piena. In altre parole, l'identità tra gli elementi dell'illecito civile e penale deve essere piena e concomitante.
Uno degli argomenti sollevati riguarda il fatto che l'erronea redazione delle scritture contabili, sebbene rientri nei doveri degli amministratori, non costituisce di per sé una causa efficiente di danno. La contabilità registra gli accadimenti economici, ma non li determina direttamente, e il danno deriva dagli stessi accadimenti e non dalla loro registrazione. Pertanto, è cruciale distinguere tra la mancanza di un dovere e la causazione effettiva di un danno patrimoniale.
Recentemente, la Corte Costituzionale ha affrontato la questione della prescrizione nell'ambito delle azioni di responsabilità verso i revisori contabili, stabilendo che il termine di cinque anni per la richiesta di risarcimento danni decorra dalla data di deposito della relazione sul bilancio. Questa decisione è stata presa nonostante le critiche mosse sul presupposto di ragionevolezza, in particolare riguardo alla disparità di trattamento rispetto ad altre figure responsabili e alla possibilità che il danneggiato non sia ancora consapevole del suo diritto risarcitorio.
La disciplina della prescrizione per le azioni di responsabilità nei confronti dei revisori contabili rappresenta un compromesso delicato tra la necessità di certezza giuridica e il diritto delle vittime di ottenere giustizia. La recente pronuncia della Corte Costituzionale ha confermato la validità di tale disciplina, sottolineando l'importanza di rispettare i termini fissati per garantire un equilibrio tra efficienza del sistema giudiziario e tutela dei diritti delle parti coinvolte.
La questione della prescrizione delle azioni risarcitorie nei confronti dei revisori contabili si rivela cruciale nel contesto normativo italiano, come recentemente esaminato dalla Corte Costituzionale. La Corte ha distinto con precisione tra le azioni risarcitorie promosse dalla società che ha conferito l'incarico di revisione e le pretese avanzate dai soci o da terzi danneggiati.
Nel primo caso, l'illecito si consuma con l'inadempimento del revisore, ovvero con il deposito di una relazione di revisione errata o scorretta. Questo momento segna il compimento dell'illecito contrattuale nei confronti della società, che subisce un danno economico diretto dalla prestazione di revisione non adeguata.
Nel secondo caso, invece, il deposito di una relazione errata delinea una condotta che potenzialmente influisce sull'affidamento dei soci o dei terzi. Tuttavia, fino a quando non si dimostra che le loro scelte sono state direttamente condizionate da questa relazione, essi non hanno ancora subito un danno economico effettivo.
La Corte ha sottolineato che il legislatore ha un ampio margine di discrezionalità nel determinare quando inizia a decorrere il termine di prescrizione per le azioni risarcitorie. Questo bilanciamento deve tener conto dell'interesse del danneggiato a ottenere giustizia e del diritto del danneggiante a non essere esposto a lunghe incertezze legali.
La norma contestata, secondo la Corte, mira a fornire una tutela minima al danneggiato. Nella responsabilità contrattuale, l'inadempimento del revisore genera immediatamente un danno economico, poiché la prestazione non eseguita correttamente ha un valore minore o nullo. Pertanto, dal momento del deposito della relazione, il danneggiato ha un interesse attuale a far valere una pretesa risarcitoria.
Nonostante la posizione del danneggiato non sia completamente tutelata come se la prescrizione decorresse dalla conoscibilità effettiva dei danni, la Corte ha ritenuto ragionevole che il legislatore abbia stabilito un termine che fornisca almeno una tutela minima. Inoltre, la responsabilità solidale del revisore con gli amministratori offre un ulteriore strumento di tutela per il danneggiato.
Infine, la Corte ha affrontato il rischio che un revisore agisca dolosamente per nascondere i danni. In tali casi, possono applicarsi cause di sospensione della prescrizione, che permettono di interrompere il decorso dei termini di prescrizione fino a quando non sia possibile agire legalmente contro il revisore.
In conclusione, la decisione della Corte Costituzionale conferma l'importanza di bilanciare la tutela del danneggiato con la certezza del diritto, fornendo un quadro normativo che tiene conto delle specificità delle azioni risarcitorie nei confronti dei revisori contabili.
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