Premessa – Basta con le baby pensioni. Lo stato italiano non è più in grado di sopportare, vista l’attuale crisi economica, gli effetti di un fenomeno come le baby pensioni. Infatti, secondo il rapporto presentato il mese scorso dalla Confartigianato, le baby pensioni hanno un impatto devastante sulle finanze pubbliche. La spesa annua complessiva è di 9,45 miliardi di euro, dove sono ben 531.752 i pensionati che hanno smesso l’attività lavorativa con meno di 50 anni di età, tra cui molti politici politicamente scomodi.
I dati – Secondo il calcolo di Confartigianato, considerando i dati relativi agli effetti di lunga durata sulla spesa pubblica, le baby pensioni costano allo Stato 163,5 miliardi. Fatti i calcoli, ognuno dei 25 milioni di lavoratori dipendenti mantiene i baby pensionati con una sorta di “tassa” di 6.630 euro. E’ questo il costo dell’insieme delle pensioni maturate a partire da appena 14 anni 6 mesi e 1 giorno di servizio, soprattutto nel pubblico. Dai dati dell’ufficio studi Confartigianato emerge una realtà che a grandi linee era ed è conosciuta da tutti, anche se pochi sospettavano una dimensione così allarmante del fenomeno. Soprattutto, non si conosceva un dato molto importante che fa luce su una convinzione tanto diffusa quanto infondata nel Paese grazie all’attivismo della Lega. Infatti, il leghismo presenta un Sud sprecone, parassitario e divoratore di risorse pubbliche e un Nord penalizzato da uno Stato che si è dovuto fare carico delle povertà e della poca voglia dei lavoratori meridionali pubblici e privati. Non è così. Dal rapporto è emerso, invece, che il 62,5% delle baby pensioni vengono erogate al Nord, il 17,5% al Centro, e il 20,3% al Sud. Inutile aggiungere che gran parte di quel 62,5% ha continuato a lavorare, probabilmente in nero (quindi rubando sulle tasse e non versando i contributi) o aprendo altre attività.
Chi li eroga? - Il 78,6% di queste pensioni sono erogate dall'Inpdap, l'ente di previdenza del pubblico impiego, che registra 424.802 pensioni a dipendenti pubblici ritirati dal lavoro ad una età inferiore a 50 anni: di queste il 56,5% sono erogate a donne. Il costo di queste pensioni pubbliche ammonta a 7,43 miliardi. Il rimanente 21,4% è relativo alle 106.950 pensioni erogate dall'Inps a soggetti con età di uscita inferiore a 50 anni in relazione a regimi speciali e prepensionamenti, per una spesa complessiva di 2,02 miliardi.
La pesa pubblica cumulata – A tutto ciò si aggiunge la considerazione che in base alle età attuale dei baby pensionati e la relativa speranza di vita, i baby pensionati rimangono in pensione, in media per 40,7 anni. Con una durata media della vita stimata a 85,1 anni, si tratta del 48% della vita trascorso in pensione. Non solo, poiché il mezzo milione di pensionati precoci riceve un trattamento pensionistico più lungo di 15,7 anni rispetto ad un pensionato medio, il risultato è che le baby pensioni determinano una maggiore spesa pubblica cumulata per i 15,7 anni di durata della pensione eccedenti alla media che ammonta a 148,6 miliardi di euro. Ciò significa che per ciascun baby pensionato viene erogata una maggiore spesa rispetto ad un pensionato ordinario di 279.582 euro. A questa somma va aggiunta la minore contribuzione pari a 138.582 euro per ciascun baby pensionato del settore privato che complessivamente si traduce in 14,8 miliardi di mancate entrate previdenziali per gli oltre centomila baby pensionati privati.
Cesare Fumagalli – Al riguardo, non manca naturalmente il commento del Segretario Generale di Confartigianato, Cesare Fumagalli: “Le baby pensioni sono un fenomeno paradossale, un’assurda iniquità, frutto di politiche pensionistiche poco previdenti fatte negli anni Settanta e Ottanta. Con queste cifre si mette in ginocchio qualsiasi sistema contributivo e retributivo. Con una seria riforma della previdenza che alzi l’età pensionabile si potrebbe fare un’intera manovra di sviluppo”.