Da un lato c’è Francesco, studente 19enne di Enna, che sfoggia una maglietta su cui campeggia la scritta “La scuola italiana fa schifo”: un’accusa precisa e diretta che, proprio il giorno dell’inizio dell’esame di Stato - risorto dal suo letargo e al quale è anche lui chiamato - di certo non passa inosservata.
La sua è una provocazione, certo, e non è nemmeno nuova dal momento che già da qualche anno lo studente ha fondato il movimento giovanile “Rivoluzioniamo la scuola”, con l’intento di portare avanti iniziative volte a cambiare il volto della scuola italiana, risollevandola dalle sue fatiscenze e portandola al passo delle sue omologhe europee.
Ha scelto questo giorno per dare visibilità alle sue idee - prima ancora che a se stesso, come puntualizza respingendo le critiche di chi di tanto lo accusa - ritenendola l’occasione più adatta, giacché la ripresa implica sempre una richiesta di miglioramento.
Al lato opposto, ci sono i giovani dell’ “Unione degli studenti”, che, sempre lo stesso giorno, protestano davanti al MIUR esibendo un’altra scritta, stavolta impressa su un lungo striscione: “Bocciamo Bianchi: sulla maturità ora decidiamo noi!”. Denunciano la “colpa” del Ministro che, nell’ideare le linee guida dell’esame di Stato, non avrebbe tenuto conto “delle difficoltà didattiche, dell’apprendimento ed emotive vissute negli ultimi anni dagli studenti”.
Verrebbe da domandar loro per quanto tempo ancora pretenderebbero di appellarsi all’alibi della pandemia per continuare a giustificare una condizione che, per tantissimi studenti – ahinoi! - non è affatto di difficoltà ma piuttosto di legittimazione alla svogliatezza, al disinteresse o alla vera e propria indolenza.
In mezzo, c’è quel canuto ministro che, a prescindere dell’apprezzamento e della simpatia che possa o meno suscitare, ha mantenuto fede all’anticipazione che s’era lasciato sfuggire qualche giorno fa, quando - intendendola quasi come una celebrazione per il ritorno alla normalità della scuola e, in particolare, dell’esame di maturità - aveva dichiarato che le tracce della prima prova sarebbero state bellissime. E così è stato.
Ci sarebbe da svolgerle tutti, anche noi che il nostro esame forse non lo ricordiamo più, per testare – com’è stato richiesto ai nostri ragazzi – il nostro sentire di fronte a temi che, anche se presentati con cornici di varia natura, all’interno di quelle tipologie con cui il “protocollo d’esame” chiede che siano catalogati, sanno tutti di attualità, di consapevolezza, di sentimento e di umanità.
E sono tutti tra loro combinabili e compatibili, perché se “vinti”, secondo il pensiero di Verga, sono tutti coloro che la vita o la storia relega ai margini – come i bambini invisibili evocati dalla Segre –, vinta può dirsi anche la natura – che per Pascoli è ispiratrice di sentimenti – di fronte all’imminente catastrofe ecologica contro cui Parisi sollecita la riscossa dell’umanità: perché la salute delle persone e quella del pianeta sono legate, per dirla con Ferrajoli, che riconduce anche la pandemia tra gli autori delle nostre sconfitte. E vinti sono pure la libertà, il genio e la passione umani quando restano impigliati negli inganni della Rete, spegnendo la nostra capacità di discernimento che Gheno e Mastroianni esortano a mantenere accesa. Da ciò la necessità di ripensarci interamente, in tutti i nostri contesti - politica ed economia inclusa - a partire dalla consapevolezza della nostra comune fragilità e del nostro comune destino. Il tutto senza trascurare la cura della nostra anima, per cui la musica, col suo linguaggio universale – ignoto solo a tutti coloro che si ostinino a vivere “su altri pianeti” come i Superni di Sacks – può risultare una medicina salvifica.
Ecco, c’è tutto: passato, presente e futuro.
E c’è soprattutto l’invito a riflessioni che prescindono – è vero – dall’età, ma che se richieste a chi deve dimostrare una raggiunta “maturità”, appaiono ottime palestre di consapevolezza.
Più che mai necessaria con il tornare ‘a riveder le stelle’ che segue ad una lunga pausa di buio.