22 luglio 2020

Covid-19: quasi 50.000 denunce di contagi sul lavoro

Autore: Barbara Garbelli
Come sappiamo, con il delinearsi della situazione di crisi sanitaria dovuta alla diffusione del virus Sars-Cov2, l’Inail ha riconosciuto l’evento “contagio” quale infortunio sul lavoro, malgrado non sia possibile avere un’evidenza fisica del contagio stesso. Dapprima, la presunzione di contagio fu riconosciuta dall’Inail unicamente per il personale sanitario, ma venne poi estesa anche a tutte quelle attività che comportano un costante contatto con il pubblico (come ad esempio i lavoratori che operano in front-office, alla cassa, gli addetti alle vendite, i banconisti, il personale non sanitario operante negli ospedali con mansioni tecniche, etc.), mediante la Circolare n. 22 del 20 maggio 2020.

Come pubblicato sul sito dell’Inail il 20 luglio 2020, dagli ultimi dati analizzati, relativi alla situazione al 30 giugno, è emerso che sono quasi 50.000 le denunce complessive inoltrate all’Inail per contagio sul lavoro da Covid-19 (precisamente 49.986) e, di esse, ben 965 sono state presentate unicamente tra il 15 e il 30 giugno, evidenziando così un forte incremento rispetto ai dati precedenti. Le denunce inoltrate all’Istituto relativamente ai contagi da Covid-19 costituiscono, inoltre, ben un quinto delle denunce totali presentate dall’inizio dell’anno.

Sulla base dei dati del sesto report nazionale elaborato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Istituto, è emerso inoltre che tra i casi di denunce di contagio prima menzionati, purtroppo 252 hanno avuto esito nefasto (+ 16 i casi relativi all’ultimo periodo, ossia quello compreso tra il 15 e il 30 giugno), riguardando soprattutto gli uomini (82,5%) e nelle fasce 50-64 anni (69,8%) e over 64 anni (19,5%), con un’età media dei deceduti di 59 anni. Considerando invece il totale delle infezioni di origine professionale segnalate all’Inail, il rapporto tra i generi si inverte, infatti il 71,6% dei lavoratori contagiati sono donne, e l’età media scende a 47 anni.

Analizzando poi le schede di approfondimento sui casi registrati nelle 19 regioni italiane e nelle due province autonome di Trento e Bolzano, e facendo quindi un’analisi di tipo territoriale, gli ultimi dati indicano che oltre 8 denunce su 10 sono relative all’Italia settentrionale; il 56,2% nel Nord-Ovest e il 24,2% nel Nord-Est, seguiti da Centro (11,8%), Sud (5,7%) e Isole (2,1%). Concentrando l’attenzione sui contagi con esito mortale, la percentuale del Nord-Ovest rispetto al totale sale al 58,3%, mentre il Sud, con il 15,1% dei decessi, precede il Nord-Est (13,1%), il Centro (11,9%) e le Isole (1,6%). La Lombardia è la regione più colpita, con oltre un terzo dei casi denunciati (36,1%) e il 44,8% dei decessi. Nel dettaglio, il 30,2% dei 18.032 contagi sul lavoro denunciati nel territorio lombardo riguardano la provincia di Milano, ma con 32 decessi la provincia di Bergamo conferma il primato negativo per i casi mortali, seguita da Milano (22), Brescia (20) e Cremona (16).

Considerando poi i dati dal punto di vista dei vari fattori di riferimento, emerge che rispetto alle attività produttive, il 72,1% del complesso delle infezioni denunciate e il 26,1% dei casi mortali si concentra nel settore della Sanità e assistenza sociale (ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche, policlinici universitari, residenze per anziani e disabili), che insieme al settore degli organismi pubblici preposti alla sanità (Asl) porta all’81,2% la quota dei contagi e al 36,6% quella dei decessi avvenuti in ambito sanitario. Seguono i servizi di vigilanza, pulizia, call center, il settore manifatturiero (addetti alla lavorazione di prodotti chimici, farmaceutici, alimentari), le attività di alloggio e ristorazione, il commercio e il trasporto e magazzinaggio. La categoria professionale dei tecnici della salute appare indubbiamente quella più colpita dal virus (con il 40,6% dei contagi denunciati, oltre l’83% dei quali relativi a infermieri), seguita poi dagli operatori socio-sanitari (21,3%), dai medici (10,5%), dagli operatori socio-assistenziali (8,7%) e dal personale non qualificato nei servizi sanitari, come ausiliari, portantini e barellieri (4,7%). L’analisi dei casi mortali evidenzia invece come circa il 40% riguardi personale sanitario e socio-assistenziale, più recisamente l’11,8% dei casi mortali codificati riguarda i tecnici della salute (il 63% sono infermieri), seguiti dai medici (9,3%), dagli operatori socio-sanitari (8,1%), dagli operatori socio-assistenziali e dal personale non qualificato nei servizi sanitari (4,3% per entrambe le categorie).
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