Ogni tanto, da Bruxelles o Strasburgo che sia, arriva una “coccola” che rincuora i 448,4 milioni di europei. L’ultima, in ordine di apparizione, arriva dal Parlamento UE, dove a larga maggioranza è passato il via libera definitivo alla norma sul diritto alla riparazione dei prodotti elettronici al posto della sostituzione, pratica decisamente più impattante su costi e ambiente.
La direttiva ha un duplice obiettivo: da una parte spingere la riparazione entro i due anni di garanzia con opzioni definite “più facili ed economiche”, dall’altro assicurare ai consumatori una tutela oltre ai periodi di vincolo per “qualsiasi difetto possa verificarsi”. In pratica, i venditori saranno obbligati a offrire la riparazione gratuita entro i due anni, periodo di garanzia garantito per legge che la direttiva ha scelto di non cambiare, a meno che questa non risulti più onerosa della sostituzione, spingendo così anche gli acquirenti a non prediligere la soluzione del cambio.
Un impegno non indifferente, visto che per elettrodomestici, display elettronici, apparecchiature di saldatura, aspirapolvere, server e sistemi di archiviazione dati, i produttori saranno obbligati a intervenire per entro i 10 anni dall’acquisto, mentre telefoni cellulari, cordless e tablet saranno inclusi nell’elenco appena saranno adottati dei requisiti di riparabilità ecocompatibile.
Per i prodotti che risulteranno “tecnicamente riparabili” secondo i requisiti previsti dalla UE, l’intervento dell’assistenza potrà essere richiesto sia in caso di difetto che di usura, mentre nel contempo sarà stabilito uno standard europeo di qualità, durata e disponibilità dei servizi di riparazione, con l’aggiunta dell’obbligo per i produttori di informare i consumatori sui prodotti che sono tenuti a riparare da soli e quelli per cui sarà possibile ricorrere ad una piattaforma di abbinamento online per i prodotti ricondizionati, con la possibilità di effettuare ricerche per località e standard di qualità.
Per finire, la direttiva prevede la nascita di un modulo informativo europeo per le riparazioni, al fine di rendere trasparenti condizioni e prezzi calmierati “per tutta la durata di vita di un prodotto”, semplificando così il confronto tra le offerte. Riguardo ai tempi tecnici, le riparazioni andranno eseguite in un arco di tempo al momento definito “ragionevole”, ma nell’attesa scatterà l’obbligo per i produttori di offrire dispositivi sostitutivi in prestito d’uso ai consumatori.
La direttiva rientra nel “Green Deal” europeo che punta a ridurre l’impronta ecologica del Vecchio Continente in termini di emissioni di gas serra e consumo di risorse. Buttare meno prodotti significa generare meno rifiuti e consumare meno materie prime per produrne di nuovi, a tutto vantaggio dell’ambiente e nel deciso taglio alle emissioni della filiera che parte dalla produzione per arrivare alla vendita.
Secondo alcune stime UE, in un arco temporale di 15 anni la nuova direttiva sulla riparazione permetterà di evitare l’emissione di 18,5 milioni di tonnellate di gas serra, così come l’estrazione di 1,8 milioni di tonnellate di risorse, a cui aggiungere 3 milioni di tonnellate di rifiuti RAEE (Rifiuti Elettrici ed Elettronici). Non da ultimo, da Strasburgo la speranza è anche di un notevole risparmio economico, che sempre usando il parametro dei 15 anni dovrebbe vedere la spesa scendere di 15,6 miliardi di euro per venditori e produttori, con un risparmio ancora maggiore per le tasche dei consumatori, pari a 176,5 miliardi. Da non sottovalutare poi la crescita e gli investimenti nel settore delle riparazioni, prevista in 4,8 miliardi di euro.
Dopo l’approvazione del Consiglio UE, la direttiva sarà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale Europea, a quel punto ai Paesi membri saranno concessi 24 mesi per recepirla nel diritto nazionale.