Malgrado gli effetti dei cambiamenti climatici siano sotto gli occhi di tutti, per il “G20 Ambiente” di Napoli la strada si annunciava in salita. Nulla di personale, è sempre così: un conto è lo spauracchio di uragani e inondazioni, un altro il terrore di toccare i delicati gangli equilibri economici del proprio paese.
Eppure, a Napoli qualcosa di importante è successo, come confermato nella conferenza stampa finale dal ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani in veste di padrone di casa. Nessuno, ad esempio, ha più tentato di mettere in dubbio l’Accordo di Parigi che prevede la riduzione delle emissioni di CO2 del 55% entro il 2030 e energia a impatto zero entro il 2050, anzi, “Tutti vogliono rispettarlo”, ma se una pattuglia formata da 15 Paesi di “peso” come Stati Uniti, Europa, Canada e Giappone, aveva le più serie intenzioni di fare di più, contenere a 1,5 gradi il riscaldamento globale nel decennio e chiudere tutte le centrali a carbone entro 2025, per altri cinque fra cui Russia, Cina e India, vale la regola del “vorrei ma non posso”. Le rispettive economie, hanno detto i ministri, non sono in grado di gestire lo sforzo ulteriore, e preferiscono ribadire la tabella di marcia più moderata dell’accordo di Parigi.
“Avremmo voluto essere più ambiziosi nella decarbonizzazione, ma oltre non si poteva andare. Così abbiamo rinviato la decisione a un livello politico più alto, il G20 dei capi di stato e di governo del prossimo ottobre”.
Il successo del G20 napoletano è comunque rotondo, con 58 punti del documento condivisi su 60 totali, un risultato costato due giorni e due notti di negoziati guidati dall’inviato americano John Kerry, per arrivare ad “un accordo senza precedenti”.
“Abbiamo concordato sull’accelerazione del passaggio alle energie pulite in questa decade, sull’allineamento dei flussi finanziari agli impegni di Parigi, sull’adattamento e la mitigazione degli effetti del cambiamento climatico, sugli strumenti di finanza verde, sulla condivisione delle migliori pratiche tecnologiche, sul ruolo di ricerca e sviluppo, sulle città intelligenti e resilienti. Quattro mesi fa diversi paesi non volevano neppure sentire parlare di questi argomenti, ora hanno firmato. C’è stata una maturazione culturale. Non a caso, i lavori si sono aperti con le condoglianze ai delegati di Germania e Olanda per le vittime delle alluvioni”.
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