Benjamin Franklin, il grande scienziato reso celebre dall’invenzione del parafulmine, amava ripetere: “Nulla in questo mondo è sicuro, tranne la morte e le tasse”. Eppure, malgrado mettere mano al portafogli per pagare tributi, imposte, imposizioni e contributi sia perennemente incluso fra quanto di più odiato possa esistere, c’è chi di pagare non ne ha abbastanza.
Dal “World Economic Forum” di Davos, l’appuntamento annuale dell’olimpo dell’economia e della finanza mondiale, che si è aperto non a caso con il rapporto “Oxfam” sulle disuguaglianze globali, aumentate in modo vertiginoso dal 2020, si levano le voci di ben 260 milionari, che di soldi ne hanno a sufficienza per far vivere senza angosce le loro prossime sette generazioni, e proprio per questo chiedono con forza di essere tassati di più, per rimettere in circolo il loro denaro.
La lettera, firmata da associazioni spontanee che raccolgono i Paperoni di mezzo mondo, come “Patriotic Millionaires UK”, “Taxmenow” e “Millionaires for Humanity”, si intitola “Proud to Pay” (fieri di pagare), è stata pubblicata dal quotidiano inglese “Guardian” ed è disponibile anche sul sito proudtopaymore.org, accompagnata da una raccolta firme, per essere idealmente recapitata ai grandi dell’economia mondiale riuniti in questi giorni fra le vallate svizzere. “Farci versare più denaro non modificherà il nostro tenore di vita, né tantomeno priverà i nostri figli di sussistenza o danneggerà la crescita economica dei nostri Paesi. Ma trasformerà la ricchezza privata estrema e improduttiva in un investimento per il nostro futuro democratico comune”.
Tra i 250 firmatari dell’appello - il primo simile da quando Dio ha inventato l’uomo e l’uomo le tasse - non mancano nomi e soprattutto cognomi che parlano da soli: da Abigail Disney, erede dell’immenso impero dell’intrattenimento lasciato da suo padre Roy e suo zio Walt, all’attore Brian Cox, il comico Simon Pegg, l’ereditiera Valerie Rockfeller, e ancora Marlene Engelhorn, erede della dinastia “Basf”, Stephanie Bremer, il musicista Brian Eno, e perfino due italiani: la coppia Guglielmo e Giorgiana Notarbartolo di Villarosa, figli di Veronica Marzotto, e Martino Cortese, nipote del fondatore della “Amplifon”.
“Siamo le persone che beneficiano maggiormente dello status quo, ma la disuguaglianza nel mondo ha raggiunto un punto critico e il suo costo per la nostra stabilità economica, sociale ed ecologica è grave e cresce ogni giorno: è una minaccia crescente per la democrazia”. Da qui la richiesta, quasi una preghiera, di una riforma fiscale globale che metta fine alle profonde disparità in atto nel pianeta e causa di sofferenze, povertà e crisi umanitarie. “Una soluzione che non può arrivare da donazioni una tantum o dalla filantropia, perché l’azione individuale non può correggere il colossale squilibrio che avvertiamo”.
Parole che fanno da eco al monito lanciato da Antonio Guterres, segretario generale dell’ONU, secondo cui “la disuguaglianza e l’ingiustizia stanno raggiungendo livelli osceni: più della metà della popolazione del pianeta, quasi cinque miliardi di persone, versano in condizioni di povertà estrema.
La lettera è accompagnata da un report che ha sondato gli umori e i pensieri di 2.300 fra industriali, imprenditori, finanzieri e magnati che rientrano di diritto nell’esclusivo e ristretto circolo del 5% più ricco della terra, da cui emerge un netto 75% ben disposto ad accettare tassazioni e imposte patrimoniali monster pur di vedere servizi migliori e soprattutto assistere ad una drastica riduzione degli effetti del caro-vita sul resto della popolazione.
Di questi, il 70% è convinto che l’economia migliorerebbe in modo sensibile se il denaro in eccesso di chi ne ha molto fosse in qualche modo redistribuito, mentre il 57% è anche convinto che le eccessive concentrazioni di ricchezza siano da ostacolo alla mobilità sociale. Un carico di ammissioni di colpe che si conclude con il 53% degli interpellati, sicuro che perfino i cambiamenti climatici dipendano dalle loro fortune, bloccate nei caveau delle banche di mezzo mondo, e per questo del tutto inutili.