19 febbraio 2025

I rapporti con i colleghi sul lavoro? Fondamentali

Dai risultati di una ricerca su scala globale, emerge che i lavoratori italiani non hanno dubbi: “fare comunità” con i colleghi è uno degli incentivi migliori che esistano

Autore: Germano Longo
“Siamo arrivati da navi diverse, ma ora siamo sulla stessa barca”. La frase, spesso utilizzata da Martin Luther King per cementare il rapporto con i propri collaboratori, è ancora oggi un passepartout infallibile ovunque ci sia un ufficio, una fabbrica o un qualsiasi luogo di lavoro: il rapporto con i colleghi.

L’89% dei lavoratori italiani ammette di rendere di più quando avverte di essere circondato da un senso di collettività, e l’88% è convinto di “conoscere bene” i colleghi più vicini, mentre l’87% sarebbe ancora più felice di scoprire che l’ambiente di lavoro è una vera comunità.

Sono risultati, in fondo, sorprendenti della nuova edizione del Randstad Workmonitor, un’indagine della Randstad, multinazionale olandese specializzata nelle risorse umane, che ha attraversato 35 Paesi diversi, analizzati per comprendere le più recenti trasformazioni del mercato del lavoro. Lo studio ha scelto di scendere nella parte forse più intima e sconosciuta del lavoro, calandosi nel senso di collettività e di fiducia tra colleghi, attraverso un’indagine condotta su 26.800 persone in tutto il mondo, di cui 750 in Italia.

Secondo i lavoratori italiani, la necessità di “fare comunità”, in un mondo all’apparenza sempre più individualista, è vissuta come un’esigenza imprescindibile e fortemente legata al benessere. Il 57% sarebbe addirittura pronto a lasciare il proprio posto di lavoro se non si sentisse più a proprio agio, mentre il 42% non accetterebbe un nuovo impiego se non percepisse un impegno concreto dell’azienda nel promuovere una cultura positiva tra le persone.

E, sebbene gli italiani siano tra i più favorevoli allo smart working, sono altrettanto convinti che la comunità si costruisca frequentandosi di persona e non attraverso le call aziendali. Non solo: per il 79%, un modo per migliorare la produttività è condividere il lavoro in ufficio, con un 71% convinto che andare in sede possa perfino migliorare l’equilibrio tra vita lavorativa e personale.

Tuttavia, questo non significa rinunciare completamente allo smart working, la cui eventuale eliminazione porterebbe il 35% dei lavoratori a lasciare l’impiego, così come farebbe il 45% se venisse meno la flessibilità dell’orario di lavoro. La tendenza, infatti, si sta lentamente spostando verso formule ibride, a metà tra il lavoro da remoto e quello in presenza.

Al momento, secondo l’analisi di Randstad, il 28% degli interpellati lavora tutti i giorni in sede, il 12% ha un giorno alla settimana in smart working, il 19% due, il 6% tre, il 4% quattro e il 9% tutti i giorni. Ma potendo scegliere, il 27% opterebbe per un solo giorno di smart working o al massimo due (25%).

“Tra i profondi cambiamenti in atto nel mondo del lavoro, emerge con forza la richiesta di senso di collettività tra i dipendenti italiani”, commenta Valentina Sangiorgi, Chief HR Officer di Randstad. “I benefici della socialità, della fiducia e del senso di appartenenza sul posto di lavoro sono in grado di migliorare performance e benessere, e possono rappresentare una vera marcia in più per le persone e per le organizzazioni. Dopo l’esperienza dello smart working di massa, che in certi casi ha comportato anche isolamento e senso di straniamento, gli italiani oggi sono tra i più convinti che la relazione si costruisca dal vivo. E ricercano formule ibride tra lavoro in presenza e da remoto, per massimizzare insieme i benefici della flessibilità e della relazione con i colleghi. Su questo aspetto, sembra essersi trovato un accordo tra le esigenze di lavoratori e imprese, che, secondo i risultati dell’indagine, stanno individuando nuovi equilibri per soddisfare le richieste di flessibilità delle persone”.

Indipendentemente dall’età e dal genere, le figure manageriali giocano un ruolo cruciale nel plasmare l’ambiente lavorativo e il senso di comunità: il 64% dei lavoratori italiani sente di poter contare su un rapporto solido con il proprio responsabile e il 68% avverte addirittura un legame maggiore con il proprio superiore rispetto all’azienda stessa, mentre il 45% darebbe le dimissioni se i disaccordi con il management diventassero abituali.

L’importanza del work-life balance e del benessere si confermano, infine, tra i principali motivi per cui gli italiani sarebbero pronti a lasciare il proprio posto di lavoro: al primo posto si trova il basso stipendio (41%), seguito dalla difficoltà di conciliare lavoro e vita personale (40%), a pari merito con la percezione di un ambiente di lavoro tossico.
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